Ardingo e gli “imprenditori – prenditori” mentre le piccole aziende boccheggiano
L’Aquila – Due chiacchiere con Luciano Ardingo, uno dei pochi imprenditori abruzzesi che abbiano dato e lasciato nella città in cui operano (per Ardingo L’Aquila), anziché prendere. Oggi il dopo sisma è difficile per tutti, ma politici e “cervelli” della ricostruzione sembrano non volersi preoccupare più di tanto della rinascita vera, quella delle attività produttive che languono, sono in difficoltà o si preparano a chiudere. In dopo sisma in Friuli fu organizzato all’insegna di alcune priorità: prima fabbriche e case, e poi chiese. Qui siamo in alto mare. Pare che non ci siano cervelli capaci di pensare una ricostruzione al di là delle parate politiche e dei favoritismi, specie in alcuni appalti nei cantieri, emersi proprio in questi giorni.
-Cosa serve, anzi chi serve alla nostra regione, Luciano Ardingo?
-“All’Abruzzo servono imprese vere, che stiano sul mercato, paghino le tasse e reinvestano sul territorio. L’Aquila rinascerà se saprà valorizzare il patrimonio delle piccole e medie imprese. Finora c’è stata poca attenzione a questo settore produttivo, che non ha mai chiesto nulla, assistenzialismo o altro, ma che ha imparato da sé contribuendo alla crescita dell’economia “territoriale”.
-Come si colloca la sua impresa nell’ambito del settore in cui opera, la sicurezza?
“Come gruppo Spee, abbiamo collezionato successi in tutta Europa, dalle grandi griffe alle catene di distribuzione, ai grandi gruppi industriali e bancari, agli enti governativi e locali. La nostra è una realtà di eccellenza, tutta aquilana, arricchita dall’innovativo e tecnologicamente avanzato centro di controllo Panopticon, attivo da un anno all’interno del nucleo industriale di Pile. Una sala operativa all’avanguardia in grado di monitorare 24 ore su 24 eventi e processi real time, attinenti alla sicurezza dei beni e delle persone, in ogni angolo del mondo”.
-Dove operate?
-“Abbiamo sedi oltre che all’Aquila anche a Milano e in altre principali città italiane, e stima da parte di operatori internazionali. Ce la siamo guadagnata”.
-Dopo sisma, come sopravvive l’imprenditoria locale piccola e media?
-“Avendo a cuore il futuro dei nostri collaboratori aquilani, chiediamo maggiore attenzione per le piccole e medie imprese locali che dopo il sisma non sono mai state poste al centro del dibattito politico. Negli ultimi mesi non ho mai sentito parlare delle piccole e medie imprese locali, su come stiamo resistendo alla crisi internazionale, alla ventennale deindustrializzazione aquilana e al post-terremoto. Il giro di affari delle piccole imprese, degli studi professionali, degli artigiani si è visibilmente contratto, in alcuni casi annullato. E’ ricchezza che sta scomparendo tra il silenzio generale. Quando è una grande azienda ad annunciare chiusure o licenziamenti si crea un gran polverone, scendono in campo le forze politiche e istituzionali, si aprono tavoli di concertazione. Quando sono i piccoli imprenditori e i professionisti a restare soli con i loro problemi, i riflettori si spengono. Quando chiude i battenti una piccola azienda nessuno se ne preoccupa, quasi come non creasse ricchezza e occupazione”.
-Parla di grandi marchi e grandi industrie. Cosa ci hanno portato?-
“Cosa hanno preso, sarebbe meglio dire. L’assistenzialismo nei confronti della grande industria non ha creato lo sviluppo territoriale desiderato e il denaro pubblico è stato nella maggior parte mal speso. E’ arrivato il momento di uscire dalla retorica , è giunto il tempo di darsi coraggio e di chiamare imprenditore chi fa impresa e “prenditore” chi ruba i soldi pubblici e fugge spesso con la borsa piena”.
-Un quadro che se non ostile alla piccola impresa, certamente non la incoraggia.
-“Non esistono stime ufficiali, ma in molti stanno abbandonando la città. Perdiamo talenti, artigiani, piccoli imprenditori, professionisti, risorse importanti per il mondo del lavoro senza le quali “ricostruire” diventa ancora più difficile. La priorità attribuita al contenitore casa e non al suo contenuto umano, la mancanza di politiche industriali e occupazionali, potrebbero dare il via ad un’emorragia tale da invalidare per lunghi anni la già precaria economia aquilana. Ogni indicatore economico segnala forti criticità, con apparati produttivi crollati ed economie tradizionali pesantemente ridimensionate. Oggi la malattia più acuta da aggredire è il deficit di produzione. A sette mesi dal sisma le istituzioni hanno dato molto, ma solo in termini di ricostruzione fisica del contenitore. Occorre subito tornare a creare ricchezza per rilanciare l’occupazione o le case resteranno vuote”.
-Abruzzo e piccole imprese, quanto valgono e quanto contano?
– “In Abruzzo sono proprio le Pmi a dare vitalità al tessuto economico e sociale. Un patrimonio da non disperdere, che fa parte dell’Aquila invisibile. Al nostro territorio serve un’Agenzia (un broker) per governare la ricerca e lo sviluppo e il trasferimento della conoscenza nei processi produttivi. Solo attraverso l’innovazione tecnologica e la ricerca si possono creare le condizioni per incentivare valorizzare il mercato delle piccole e medie imprese, che può essere protagonista della rinascita dell’Aquila e del suo comprensorio”. (G.Col.)
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