Scorsese e l’America trovata


«I miei nonni, arrivati in America dalla Sicilia all’inizio del Novecento, erano italiani. I miei genitori, nati qui, erano italoamericani. Io ero, e ancora sono, americano italiano. E anche se so che non dimenticheranno mai le loro origini, le mie figlie sono americane. Con immagini e parole, questo magnifico libro delinea la nostra trasformazione attraverso le generazioni, quella della mia famiglia e di tante altre famiglie, sbarcate su queste rive a centinaia di migliaia per lasciare la loro impronta in questo luogo che chiamiamo America».
Così Martin Scorsese nella sua premessa a “Trovare l’America”, un libro ideato e curato dal modenese Paolo Battaglia e da Linda Barrett Osborne, con premessa e introduzioni di Mario B. Mignone e Antonio Canovi.
500 immagini, selezionate dalla “Library of Congress” di Washington, l’istituzione che più di ogni altra rappresenta la memoria ufficiale degli Stati Uniti per ripercorrere il tempo in cui milioni di italiani sono stati emigranti in Lamerica.
«Quando quelle prime ondate di immigrati arrivarono dall’Italia – continua il grande regista – ricostruirono il mondo che conoscevano. Crearono un luogo che venne chiamato Little Italy, che possedeva tutta la bellezza e il calore, tutto il dolore e le tensioni interne, del paese che avevano abbandonato. Mentre crescevo, Little Italy costituiva un mondo a sé stante, collocato in un angolino del lower east side di Manhattan – e sono certo che lo stesso può essere detto delle Little Italy in tutto il paese, da Boston a San Diego. Confinava con un altro mondo a sé, Chinatown. Le feste, i rituali, il cibo, le merci, i valori – tutto arrivava dal Sud Italia. Prima che io nascessi, le persone arrivate dallo stesso paese vivevano in un unico edificio e i matrimoni tra uomini e donne di edifici diversi erano una faccenda delicata. La famiglia di mia madre arrivava da Cimmina, la famiglia di mio padre da Polizzi Generosa e si sposarono solo dopo che gli anziani delle due famiglie si riunirono e diedero il loro assenso. Per me e per i miei amici, il confine a nord era delimitato da Houston Street. Oltre, si trovava il nuovo mondo. Alcuni italoamericani che avevano valicato quel confine erano già diventati famosi e avevano lasciato il segno nella cultura. Ciò nonostante, incuteva ancora timore quando decisi di lasciarmi quel mondo alle spalle. Fu una scelta molto dolorosa, ma sapevo di doverla fare – non avevo altre possibilità, non c’erano altre decisioni possibili».
Ma, dice ancora Scorsese «Per me, Little Italy sarà sempre “casa”. Sapevo di voler mostrare il mondo da cui venivo in quei film. Ma avevo la necessità di osservarlo dal mio punto di vista, mettendo un po’ di distanza tra noi. Per me, Little Italy sarà sempre casa, quanto Polizzi e Cimmina erano casa per i miei nonni. Non il luogo in sé, ma la sua memoria. (…) Questo libro mi restituisce molto: il modo in cui vivevamo, i valori che condividevamo e la trama della nostra vita, dalle aule delle scuole parrocchiali alla processioni religiose fino ai carrettini che vendevano alimentari (come quello che avevano i miei nonni). Amplia la mia prospettiva, offrendomi una ricca impressione della vita italo americana prima del mio tempo e anche prima di quello dei miei genitori. Infine, mi permette di cogliere il senso di una più generale trasformazione storica, offrendo un bellissimo punto di vista per commemorare un modo di vivere che ormai è scomparso».
Edito da Anniversary Books (costo 48 euro), il volume offre, attraverso tre sezioni, Esploratori, Emigranti, Cittadini, una prospettiva originale della presenza degli italiani in America e dà spazio a personaggi noti, da Fiorello La Guardia, Joe Di Maggio e Joe Petrosino e personaggi meno conosciuti come Carlo Gentile, che fotografò i nativi americani nell’Ottocento, e Athos Casarini pittore futurista e illustratore per le riviste newyorkesi d’inizio Novecento.


15 Giugno 2014

Categoria : Recensioni Libri
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