Ballottaggio, quasi un oggetto misterioso


L’Aquila – LA GENTE SA POCO O NULLA, COME DELLE PRIMARIE – Cosa sanno i cittadini comuni del ballottaggio, termine relativamente recente nella politica italiana? Poco o nulla, come del resto per tutto quel che riguarda lo Stato e il suo funzionamento. Non è, infatti, che nelle scuole ci si affanni troppo a erudire gli studenti sui meccanismi democratici del loro paese. A malapena, e solo da poco tempo, ai ragazzi viene insegnato cos’è la Costituzione.
Chi ha qualche anno (decennio?) in più, ricorda facilmente che a scuola nessuno gli ha mai parlato di elezioni, istituzioni, meccanismi elettivi e cose del genere… Un liceale usciva dalla scuola senza sapere praticamente nulla di nulla e magari andava a studiare legge, trovandosi in difficoltà nei primi approcci con il diritto.
Oggi le cose non stanno molto diversamente. Forse è utile parlarne oggi, mentre si svolgono le votazioni per i ballottaggi.
Ballottaggio, un sistema elettorale di cui si potrebbe fare a meno? In questa tornata elettorale (che termina stasera alle 23) da più parti si è sostenuto che al ballottaggio (che allunga i tempi e complica le cose, alzando i costi) si potrebbe andare solo nei casi di “testa a testa” di due candidati, mentre se ne potrebbe fare a meno quando al primo turno uno dei due ha riportato il numero di voti molto più alto rispetto al secondo.
Per alleggerire i meccanismi elettorali (che, come stiamo vedendo in Abruzzo, possono essere anche astrusi e inutilmente complicati) sarebbe auspicabile semplificare, ma sarà ben difficile che il problema si risolva in tempi brevi.
Vediamo di capire cos’è e da dove viene il termine, che secondo alcuni potrebbe derivare dal fiorentino ballotta, sinonimo di castagna. Nella Firenze medievale, infatti, esisteva la Torre della Castagna, nella quale – ricorda Wikipedia – si riunivano i Priori delle Arti per decidere e votare riguardo alle tematiche più importanti. Queste votazioni si svolgevano ponendo delle castagne in uno dei sacchetti che simboleggiavano le varie possibilità. Poi, in rapporto al numero dei votanti si stabiliva il sacchetto con più castagne e, di conseguenza, la decisione scelta per maggioranza. Da qui l’uso ancora attuale nelle elezioni di definire ballottaggio la scelta tra due o più candidati.
Secondo gli storici, però, il nome deriva dal sistema elettorale del doge di Venezia, che era costituito da una complessa successione di passaggi che alternava la determinazione diretta degli elettori del doge, e la loro nomina attraverso l’etrazione casuale di “ballotte”, sfere dorate e argentate. Quando gli americani prima (nel 1776, a seguito della loro rivoluzione) e i francesi poi (nel 1789) dovettero dotarsi di un sistema elettorale, presero spunto da quello veneziano.
In Italia, il regolamento del Senato della Repubblica prevede che l’elezione del presidente dell’assemblea abbia luogo mediante ballottaggio fra i due candidati più votati nella precedente elezione qualora, non raggiunta la maggioranza assoluta dei senatori in carica nelle prime due votazioni, sia mancata anche la maggioranza dei voti – schede bianche comprese – espressi dai presenti alla terza votazione.
A livelli istituzionali minori, dal 1993 l’elezione dei sindaci dei comuni con almeno quindicimila abitanti e dei presidenti delle province ha luogo mediante ballottaggio fra i due candidati più votati al primo turno. Il secondo turno ha luogo dopo quattordici giorni dal primo.
Per i comuni con meno dei quindicimila abitanti è previsto che l’elezione del sindaco abbia luogo a maggioranza relativa dei voti validamente espressi.
Il ballottaggio più importante del mondo è, probabilmente, quello del presidente della Repubblica francese. La Costituzione transalpina prevede che l’elezione del presidente debba avvenire a maggioranza assoluta mancante la quale è convocato, quattordici giorni dopo, il ballottaggio fra i due candidati più votati nel primo. Tale eventualità si è, finora, sempre verificata. Quindi sbaglia chi ritiene che il ballottaggio italiano sia una “trovata” nostrana, perché la storia e la realtà elettorale attuale dicono il contrario.
Per le primarie, il discorso è ancora più vago. Non esistono regolate da leggi elettorali, ma si fanno, da alcuni anni, soprattutto per volontà dei partiti. Le regole si scrivono là per là, i risultati possono anche essere importanti, ma sicuramente sono parzialissimi. Un partito si dice contento quando chiama alle primarie (che peraltro si pagano anche) due o tre milioni di elettori. Su 60 milioni di italiani, sono poca cosa comunque.
In altri paesi – soprattutto anglosassoni – le primarie sono previste e regolate di leggi. Da noi, forse ci arriveremo. Un domani.


08 Giugno 2014

Categoria : Politica
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