Addio Regione, ma senza rimpianti
La Regione sparisce come una vecchia foto Polaroid, il prossimo Emiciclo conterà molte facce nuove. Soprattutto un personaggio, Luciano D’Alfonso, che promette bene. Ha un gran compito sulle spalle, e da rimuginare a fondo nei suoi ritiri monastici in quel di Leonessa. Siamo buoni cittadini (speriamo) e vorremmo un’istituzione credibile. Vorremmo avere fiducia negli uomini e nelle strutture dello Stato, benché sia difficile per chi ha una lunga esperienza da cronista e da raccontatore delle cose abruzzesi. Ma come si potrebbe vivere senza nutrire un minimo di speranza?
La Regione nacque tra disordini, lacrimogeni, barricate infuocate, arretratezze civili e sociali paurose. Visse tra arresti a ripetizione ed eccellenti in manette più che tra gli allori. Processi, vicende poco edificanti, e poi ancora arresti recenti e inchieste, fino alle storielle da operetta nelle camere di albergo, durante sontuosi viaggi a spese degli abruzzesi. Non è una storia edificante, anche se, come sempre, nel calderone bisogna contare anche cose buone, qualche onestà intellettuale, qualche sforzo sincero. Mai solo ombre, qualche luce – anche fioca – c’è sempre. Tuttavia il commiato è disastroso, in un Abruzzo che arretra, zoppica e scianchiglia, affonda e annaspa. Le cose vanno male, non per colpe solo locali, ma perché vanno male per tutti. Nel fosco scenario, nasce un’istituzione dal volto nuovo, il popolo sceglie la sinistra (parademocristiana), incorona D’Alfonso, e siamo tutti impegnati in un colpo di reni che ci tiri fuori dalle sabbie mobili. Ma, ripetiamo, senza rimpianti. Non c’è posto, con tutta la buona volontà .
Damose da fa, come disse un amico che contava: Giovanni Paolo II.
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