La disgregazione numerata
I dati che piovono quasi ogni giorno sulla depressione degli italiani sono sempre più attapinanti. Oggi 12 maggio, abbiamo appreso che chiudono 34 negozi al giorno (abbigliamento, calzature) e che ogni italiano paga al suo comune quasi 650 euro di tributi l’anno. Incessante la ripetizione dell’arrivo di 80 euro ogni fine mese, ai lavoratori che guadagnano fino a 25.000 euro l’anno. La disgregazione del tessuto connettivo sociale ed economico del paese è, e non potrebbe non essere, numerata. Moriremo, stiamo morendo, di numeri. Ma badate: i numeri sono i soli a dire la verità …
Nella campagna elettorale in atto, che è più delle precedenti isterica e mediatica (ormai si parla solo in tv e sui siti Internet), ne sentiamo tante, sicuramente troppe, ma sempre generiche, poco ricche di inventiva. Promettono quasi tutti le solite cose, qualcuno si attacca disperatamente alla cronaca (a Pescara si insiste sulla sicurezza dopo gli arresti dei picchiatori stradali), altri ripescano slogan triti e antiquati, alcuni si affidano al proprio volto sorridente, che vorrebbe apparire forte, tranquillo e sicuro. Rassicurante, forse. Ma appare spesso ingessato e congelato.
L’impressione è che si giri a vuoto, che si slitti sul ghiaccio, che si farfugli l’ovvio non sapendo cosa dire. Infatti, nel cuore dei problemi nessuno ci arriva. Poi esplodono i numeri, le batoste statistiche, le frustate cifrate, e ricadiamo tutti nella depressione. Paghiamo tasse altissime, abbiamo servizi pessimi, il lavoro sparisce, l’energia costa cara, la sicurezza è sempre minore. Non c’è un oggi e non si vede un domani. Essere giovani in Italia è una condizione drammatica. Essere anziani pure. Cosa dovremmo essere? Minerali? Fili l’erba? Foglie secche al vento? I sorrisi sui manifesti elettorali sembrano, quasi sempre, solo dei ghigni forzati, esibiti per bottinare il consenso.
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