Cellule antisismiche, no a facili entusiasmi
L’Aquila – (di G.Col.) – (Foto: vari modelli di cellule antisismiche da inserire negli edifici – Sotto la grande faglia di Pettino e le migliaia di case costruite senza badarci troppo, e la zona presso Roio epicentro del sisma 2009) - Farsi un robusto guscio protettivo, inserito nell’ambiente in cui si vive normalmente. L’idea, che diversi professionisti e ditte stanno sviluppando e realizzando non solo in Italia, è stata resa più chiara e messa sotto gli occhi di tutti da una ditta di Pescara, approfittando della demolizione di un vecchio edificio del 1942 nel quartiere aquilano di S.Maria di Farfa. La struttura modulare in acciaio, spiega la ditta sul suo spazio on line, “rivestita con un tessuto di fibre sintetiche ad alta tenacità (sic) antisfondamento viene inserita all’interno dell’ambiente da proteggere senza alterare l’aspetto dell’ambiente. Questo sistema è capace di garantire una protezione straordinaria da urti e lesioni causate da crolli, calcinacci, macerie e smottamenti”.
Stando a ciò che si è visto a L’Aquila, ma anche altrove, e a ciò che si può leggere compiendo una ricerca su Internet, l’idea pare interessante. Risolutiva, dice chi è interessato a dirlo.
I problemi caso mai nascono dalla verifica dei costi, della praticabilità , dell’attuazione negli edifici che non possono essere resi davvero sicuri, antisismici al 100 x 100, ammesso che arrivare alla sicurezza totale sia realmente possibile. Insomma, bisogna domandarsi chi potrà giovarsi del nuovo bossolo protettivo, di quello che è stato definito “ambiente sicuro” anche in caso di crolli disastrosi. E’ chiaro che il bossolo di sicurezza, la cellula antisismica o come la si voglia chiamare, dovrà essere di facile accessibilità , lontano da scale (che possono crollare), il più possibile vicino a vie di fuga.
A chi e a cosa può servire una soluzione del genere, ammesso che sia fruibile (economicamente) da molte persone e in molti edifici?
Nel caso del terremoto aquilano del 2009 c’erano state, come quasi sempre avviene, molte scosse, uno sciame sismico prima dell’aprile 2009 (iniziato nel 2008, senza che nessuno se ne desse per inteso…) : se qualcuno avesse avuto la sua cellula antisismica in casa, vi si sarebbe rifugiato. Ma per fare cosa? Non in una fuga precipitosa, ad ogni scossa, o almeno non solo, bensì per viverci e dormirci diverso tempo. Il ripetersi di scosse ansiogene e obiettivamente allarmanti – come furono quelle aquilane, che poi portarono a quella distruttiva 5,8 Richter – indurrebbe le persone, infatti, a rifugiarsi, a tapparsi in cellula, per trascorrere più tranquillamente le ore del riposo e quelle che solitamente si vivono in casa. Quindi… cellule molto capienti e arredate. Non buchi da ragno. O tane da talpe.
Occorre quindi riflettere sulla invenzione e valutarne la effettiva convenienza. Infilare cellule antisismiche in migliaia di edifici avrebbe, comunque, un costo ragguardevole. Sarà mai possibile attuare questa innovazione tecnica su larga scala? E soprattutto, a spese e a beneficio di chi?
L’impressione è che la trovata degli ingegneri, almeno per ora, possa interessare solo a chi, per esempio, intende costruire ex novo, magari in spazi ampi o in campagna. Ogni innovazione va certamente accolta con interesse, pur andandoci cauti, nel timore di speculazioni e progetti di grandi affari. L’energica promozione di una trovata, di un brevetto, di un’idea innovativa va sempre valutata con prudenza e obiettività .
L’ideale sarebbe, come dicono da sempre i sismologi e i geologi, costruire bene e nei posti giusti. Se, come è avvenuto a L’Aquila, negli anni si consente di edificare migliaia di case per decine di migliaia di persone lungo una faglia sismica ben nota – come a Pettino – tutto appare come frutto del senno di poi. E qualcuno potrebbe anche pensare che, dopo aver consentito gigantesche speculazioni e relativi arricchimenti, si inventi qualcosa per accrescere il lucro. Tutti d’accordo sul principio del massimo guadagno possibile.
Sicuramente non è così, almeno per ora. Ma andiamoci cauti.
Ci sono, e ci sono state, nel cratere, case crollate e case rimaste in piedi. Fatte male e fatte bene. Davvero antisismiche o falsamente antisismiche. Abbiamo sotto gli occhi casi eclatanti: l’ospedale (ancora da completare) semicrollato, la facoltà di ingegneria (!) in pezzi, il palazzo di giustizia (anch’esso da completare) quasi tutto “sconocchiato”, il viadotto di Belvedere chiuso da 5 anni. E così via. Tutte opere di illustri progettisti, ingegneri e costruttori del passato molto recente. Opere costate montagne di miliardi (in lire), magari realizzate in decine di anni dovuti a speculazioni e ritardi sospetti. Per farne lievitare i costi.
La storia sismica dice che il terremoto ci fu, c’è e ci sarà . La storia dell’edilizia, dell’urbanistica, della politica aquilana è un buco nero. E ora arrivano le cellule antisismiche.
Per dirla tutta, ci sono state dopo il sisma aquilano innovazioni e nuove tecnologie rivelatesi efficaci. Parliamo dei dispersori sismici tra pilastro e base dell’edificio, comunemente accettati come efficaci, e del sistema di sollevamento con martinetti di interi casamenti per inserire i dispersori sismici. Metodi che, a quanto pare e a quanto viene garantito, hanno dato e danno risultati positivi. Quindi nessuna avversione, ci mancherebbe altro, nei confronti di chi inventa, crea, brevetta, propone. Solo un appello alla cautela. Calma, insomma, prima di gridare al miracolo.
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