Se la legge rallenta la giustizia


Accade sempre più spesso: un processo, specie se importante e quindi maggiormente monitorato dagli avvocati occhiuti, salta (allungandosi ovviamente di mesi o anni), a causa di problemi di notificazione degli atti. Basta un nonnulla, e per legge la giustizia si intoppa, si ritrova nella palude delle lungaggini, che sovente favoriscono chi spera nella prescrizione dei reati.
Premettiamo: diamo per scontata la buona fede di tutti, dagli impiegati ai messi notificatori, agli ufficiali giudiziari, agli stessi avvocati. Diciamo che crediamo nell’onestà professionale di tutti. Anche se è una prova di fiducia smisurata, in un paese così poco onesto nel DNA, quale è l’Italia.
Per impedire che i processi saltino di mesi per motivi così irrisori e così esposti alla volontà di chi ha interesse a rallentare, basterebbero poche regole nuove, ispirate a metodi moderni e funzionali. Regole di legge: ecco perché diciamo che è la legge, frutto della politica, a ostacolare la giustizia. A rallentarla quando a qualcuno conviene che sia rallentata.
In altri paesi, e non c’è bisogno di riferirsi alla solita Inghilterra o alla solita Svezia, le notifiche avvengono diversamente: prima di tutto la telematica, poi le poste rapide ed efficienti. Non servono polverose e ridicole scartoffie, da portare fisicamente a destinazione, in cambio di firme di ricevuta. Non servono regole antiquate e polverose, formalità astruse in un mondo veloce e globale. Lo Stato cambi tutto, e cominci a riformare la giustizia (ammesso che lo voglia davvero, cosa di cui dubitiamo in tanti) dalla base, semplificando e sveltendo le procedure. Un processo, qualsiasi processo, potrebbe durare cinque volte di meno di quanto dura oggi. E andare avanti senza intoppi puramente formali, che somigliano a pretesti, ma soprattutto possono essere creati e usati da chi ne ha interesse. Uno Stato è civile se la sua sanità, la sua scuola, la sua burocrazia amministrativa funzionano veramente. E soprattutto la sua giustizia. Evidente che uno Stato del genere non somiglia per niente al nostro. Dunque, siamo noi a volere che le cose non funzionino, per sguazzare nella confusione e nell’inefficienza, comodo nascondiglio per chi la sa usare.



07 Maggio 2014

Gianfranco Colacito  -  Direttore InAbruzzo.com - giancolacito@yahoo.it

Categoria : Editoriale
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