Nuovi studi su diabete e degenerazione cerebrale


(a cura di Flavio Colacito – psicopedagogista). Quando si parla del diabete ci si riferisce ad una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) e dovuta a un’alterata quantità o funzione dell’insulina. L’insulina è l’ormone, prodotto dal pancreas, che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno. Statisticamente i diabete tipo 1 riguarda circa il 10% delle persone e in genere insorge nell’infanzia o nell’adolescenza. Nel diabete tipo 1, il pancreas non produce insulina a causa della distruzione delle cellule ß che producono questo ormone: è quindi necessario che essa venga iniettata ogni giorno e per tutta la vita. La velocità di distruzione delle ß-cellule è, comunque, piuttosto variabile, per cui l’insorgenza della malattia può avvenire rapidamente in alcune persone, solitamente nei bambini e negli adolescenti, e più lentamente negli adulti (in questi rari casi si parla di una forma particolare, detta LADA: Late Autommune Diabetes in Adults). Il diabete tipo 2 è invece la forma più comune e rappresenta circa il 90% dei casi di questa malattia. La causa è ancora ignota, anche se è certo che il pancreas è in grado di produrre insulina, ma le cellule dell’organismo non riescono poi a utilizzarla. In genere, la malattia si manifesta dopo i 30-40 anni e numerosi fattori di rischio sono stati riconosciuti associarsi alla sua insorgenza. Tra questi: la familiarità per diabete, lo scarso esercizio fisico, il sovrappeso e l’appartenenza ad alcune etnie. Riguardo la familiarità, circa il 40% dei diabetici di tipo 2 ha parenti di primo grado (genitori, fratelli) affetti dalla stessa malattia, mentre nei gemelli monozigoti la concordanza della malattia si avvicina al 100%, suggerendo una forte componente ereditaria per questo tipo di diabete. Un’altra forma di diabete si definisce ‘gestazionale’ e riguarda ogni situazione in cui si misura un elevato livello di glucosio circolante per la prima volta in gravidanza. Questa condizione si verifica nel 4% circa delle gravidanze. La definizione prescinde dal tipo di trattamento utilizzato, sia che sia solo dietetico o che sia necessaria l’insulina e implica una maggiore frequenza di controlli per la gravida e per il feto. I pazienti affetti da diabete di tipo 2 avanzato subiscono un rischio maggiore di atrofia del cervello, secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista ‘Radiology’. “I nostri risultati dimostrano che il diabete nella forma piu’ severa puo’ essere associato a minor tessuto cerebrale e di conseguenza ad una maggior degenerazione del cervello”, ha spiegato Nick Bryan della Perleman School of Medicine della University of Pennsylvania, tra gli autori della ricerca. L’indagine ha anche scoperto che, contrariamente alla comune credenza clinica, il diabete non puo’ essere associato direttamente all’insorgenza della microangiopatia, quando il cervello non riceve abbastanza sangue ossigenato. Lo studio ha utilizzato le risonanze magnetiche per valutare l’associazione tra gravita’ e durata di diabete di tipo 2 e struttura del cervello in un campione di 614 pazienti di eta’ media 62 anni.I dati hanno rivelato che maggiore e’ stata la durata del diabete, maggiore e’ risultata la perdita di volume cerebrale, in particolare di materia grigia. Al momento, la ricerca non ha rintracciato alcuna correlazione tra gli aspetti che contraddistinguono il diabete e la microangiopatia, per cui il campo è ancora aperto.


04 Maggio 2014

Categoria : Salute & Benessere
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