Voragini, boati e indifferenza da sempre
L’Aquila – (Foto: la madre di tutte le voragini in zona Campo di Fossa, e sotto le rovine del Duca degli Abruzzi) - L’attenzione che giustamente si sta riservando alle voragini (a dire il vero sono, almeno finora, buche di ridotte dimensioni) apertesi in alcune zone della città , è tanto giusta, quanto come sempre tardiva. Prmettendo che il fenomeno dei cedimenti del terreno avviene ovunque e piuttosto spesso. Se perdura e si estende, il discorso è differente.
La prima voragine, la madre di tutte le voragini, si aprì a pochi metri dall’edificio che oggi ospita il Gran Sasso Science Institute, e nelle vicinanze di piazzale Paoli, con il terremoto del 6 aprile 2009. Porta la stessa data e la stessa ora: 3 e 32.
Era una voragine molto grande e profonda, capace di inghiottire automobili.
Solo oggi, dopo la piccola voragine presso la Fontana Luminosa (che comunque deve essere molto profonda, se non si riesce a colmarla con 20 metri cubi di inerti) ci si pone il problema, e un geologo, intervistato da Abruzzoweb, parla di “rottura della calotta”. Dobbiamo aver paura? Cosa si intende per calotta? Si apriranno altre voragini sotto i piedi dei passanti e le ruote delle auto?
Se così sarà , come i pessimisti prevedono, bisogna porsi un problema di ben altre dimensioni: cosa c’è sotto le case.
Bisogna ricordare, trattando questa situazione sicuramente inquietante, ciò che accadde a Prata d’Ansidonia e a Bominaco diversi anni fa. Voragini si aprivano quasi quotidianamente tra le case, e la zona fu interessata da una serie interminabile di leggere scosse sismiche con epicentri locali. Sotto i due paesi c’erano decine di cavità e caverne, dei vuoti alcuni dei quali noti a tutti ed emergenti. Nessuno nè a livello locale, nè ad altri livelli, si era mai posto il problerma: il Belpaese vive grazie al solito stellone bonario, che ogni tanto però si distrae e fa disastri… Aiutato dall’insipienza umana e dalla colpevole, secolare incapacità e indifferenza dei politici.
Poco prima e durante la furia sismica del 2009, in molte zone urbane aquilane e tra Paganica e Onna, furono avvertiti e segnalati boati e brontolii di origine ipogea. Non vi sono dati precisi e nessuno parve interessato al fenomeno, che si puntò a minimizzare o a nascondere. Anzi, chi ne riferiva o ne parlava, veniva considerato quasi un visionario. Invece, esistono testimonianze molto attendibili almeno su alcuni episodi.
Qualcuno ricoderà , infine, il pauroso boato che fu avvertito una notte di quindici anni fa all’interno dei “cavernoni” nel laboratorio INFN sotto i Gran Sasso. Certo eventi non collegati tra loro, ma, esaminati insieme, capaci di provare che un problema del sottosuolo esiste, anche se nessuno se n’è mai dato per inteso.
Tropi enormi interessi in ballo.
Esattamente come quando si scoprì scavando il tunnel sotto Collemaggio, che il sottosuolo aquilano, almeno in alcune zone, denotava una capacità di accelerazione sismica davvero elevatissima.
Chi ne parlò e se ne occupò fu messo fuori gioco. Certi argomenti non si dovevano rendere noti alla gente. Istituzioni e politica azzerarono la cosa, usando il metodo che amano di più: il silenzio perpetuo e impenetrabile.
Troppi enormi interessi in ballo.
E’ vero che oggi prima di autorizzare qualsiasi edificio, anche un semplice capanno per la rimessa dei mezzi agricoli, occorrono progetti, calcoli, ma soprattutto il sondaggio geologico. Pare venga eseguito quasi sempre con il “martelletto”, è certo invece che il costo grava su chi deve edificare ed è un gravame inevitabile. Mai sentito parlare di cose del genere prima del 2009 da queste parti?
Il discorso porta a due conclusioni. Prima, non è mai esistita attenzione preventiva sul suolo e sul sottosuolo. Il geologo non esisteva, e cosa c’era sotto la casa da costruire non lo sapeva nessuno. Tanto meno chi ci avrebbe abitato dopo aver pagato i costi.
La seconda conclusione è scontata. Il sottosuolo aquilano (ed evidentemente
di tutta l’area aquilana) ricco di cavità , di natura spesso carsica: Il terremoto potrebbe averne variato (in peggio) i precari equilibri, già compromessi dall’edificazione selvaggia e dal traffico stradale in aumento.
Forse bisognava pensarci prima, specie in certe zone, come Campo di Fossa, dove esistono vaste aree di riporto. Persino sotto il piano stradale di via Venti Settembre. Cosa anche questa a tutti nota, sicuramernte documentata anche dal nostro giornale dopo il 2009.
Non abbiamo notato, nei programmi (se si possono chiamare così) dei candidati alle regionali, alcun cenno o riferimento alla sicurezza geologica e al risanamento del suolo e del sottosuolo. La cosa non passa per la mente di alcun aspirante reggitore della Regione.
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