La Regione si accomiata con una delle sue


L’Aquila – (di G.Col.) – CINQUE ANNI, I BILANCI: NEPPURE UNA LEGGE PER LA RICOSTRUZIONE – L’ABRUZZO E’ IMMISERITO E SOFFERENTE – (Immagine: il pessimismo cosmico leopardiano, da vivalascuola.it) – Avrebbe potuto dimostrare una seria e composta volontà di contribuire a migliorare le cose, stabilendo con una legge la riduzione – consistente e non finta – degli emolumenti ai consiglieri. Un deciso e corposo taglio dei costi. Non lo ha mai fatto davvero, la Regione Abruzzo, in tutta la legislatura, e si accomiata con una delle sue: una riduzione fiscale decisa e strombazzata in extremis, a ridosso della chiamata al voto del 25 maggio. Un gesto apprezzabile nei contenuti, becero nella forma, così elettoralistica, così ostentatamente autopromozionale. Così totalmente priva di buon gusto. Come il lancio delle caramelle dalle jeep americane alla fine della guerra. E’ chiaro che la politica non conosce stile. Mercenaria fino in fondo. Un incremento per il pessimismo della gente, che è ormai cosmico quasi quanto quello di Leopardi. Meno struggente, più incazzato. Capiscono i politici che potrebbe essere per tutti un cocente conto da saldare nelle urne? Ne dubitiamo.
Non tutto è ombra nella legislatura, sia chiaro. Cose utili ne hanno fatte, sferzate ai conti il presidente Chiodi ne ha date. A suo tempo ci sembrò l’uomo che era caduto sulla Terra. E in un certo senso allora lo era.
Un bene che non riesce, però, a fare da contrappeso adeguato alla più colpevole delle carenze. La Regione, infatti, non è riuscita (o meglio, chiaramente non ha voluto) a produrre una legge sulla ricostruzione dell’Aquila e dei centri del cratere. E’ difficile spiegare ai cittadini il perché, anche se sicuramente uno qualunque degli esponenti della maggioranza, saprebbe sfoderare argomenti e spiegazioni. Non valide agli occhi del popolo, il quale si chiede semplicemente: è ammissibile che una regione terremotata non produca una legge sulla ricostruzione?
Altre, meno terremotate, lo hanno fatto.
Il tempo galantuomo e l’opinione che gli abruzzesi, o almeno quelli (non molti ormai) che si occupano di politica, diranno il 25 maggio come la pensano su coloro che si ricandidano, sui partiti, sulle coalizioni, sui nuovi delfini della politica (o merluzzi e sardine?) , sulle cose fatte e sulle cose non fatte.
Non staremo qui a ricordare le vicende giudiziarie, le inchieste, le storielle da blu moon di taluni personaggi, gli amori e gli amorazzi, le spese, gli sprechi, lo champagne, gli arresti e tutto il resto che si trova in diversi uffici giudiziari abruzzesi. Anche perché restiamo dell’opinione che nessuno sia colpevole fino ad una condanna motivata e definitiva. Sarà banale ricordarlo, di questi tempi, ma è così. I giudici giudicheranno. Il berlusconismo azzannamagistrati non convince, anzi il contrario. Dunque la chiudiamo qui, anche se ce ne sarebbero di cose da dire. Quanto ai giudizi sulle persone, non ne abbiamo mai concepito legittimità e utilità. Semplicemente, le persone non si giudicano per la loro vita e le loro azioni private.
Le storie tribunalizie le lasciamo ai colleghi della cronaca giudiziaria. E aspettiamo, soprattutto, processi e sentenze.
Ma la legislatura non può archiviarsi, per lasciare spazio alle giaculatorie e agli sproloqui elettorali, senza ricordare che l’Abruzzo non è una regione in buona salute, e soffre più di altre, mentre una ventina di anni fa viveva bene, più di altre. E qui sta tutta la differenza. L’Abruzzo oggi sta peggio di altre regioni paragonabili, mentre due decenni fa stava meglio delle regioni paragonabili. Il raffronto non va fatto, è chiaro, con la Lombardia o con la Toscana, e neppure con le vicine Marche. Noi, oggi, siamo geograficamente Centro, ma socialmente ed economicamente profondo Sud. Siamo tornati alla disoccupazione giovanile estesa e profonda, alle crisi delle aziende, alla riduzione del credito, al dominio di banche e burocrati, alle prese in giro con promesse di salvataggi che non arrivano mai. Alla povertà di migliaia di famiglie e di pensionati (siamo terra di anziani), alla regressione dell’agricoltura e dell’artigianato, al funerale del commercio, allo strapotere della grande distribuzione che da queste parti ha sempre comandato e tuttora comanda.
Soffermandoci sulla situazione più dolorosa, quella del cratere, L’Aquila è invasa da migliaia di lavoratori, quasi tutti stranieri. Oggi un imprenditore edile saggio e concreto ci ha detto: “E’ vero che vedi in giro tanta gente, che ci sono tanti cantieri e tante attività. Ma a L’Aquila di tutto questo non rimane un euro. Ci sono squadre di operai e tecnici che arrivano da fuori ogni lunedì portando con loro i pasti per cinque giorni in borsa termica. Non lasciano neppure i soldi di un panino. E noi aquilani siamo in coma per la burocrazia, gli ostacoli, i problemi: nessuno paga più neppure un lavoretto da 500 euro”.
Il panorama è quanto meno fosco, minaccioso, e la Regione non può cavarsela con le sparate da ultimo giorno. Ha mille colpe, e ci restituisce una terra sofferente, stranìta, sfiduciata. Una terra, ci dice un anziano all’edicola, dove “nessuno di quelli che se ne sono andati, tornerà”.
Speriamo che sia solo pessimismo da vecchi stanchi, e non novello pessimismo della ragione, rinforzato da cinque anni tremendi e da una politica inadeguata e pasticciona. Che oggi farfuglia e chiede voti. E neppure ci illustra veri programmi di poche cose essenziali da fare, subito e con data di scadenza. Alla Renzi, e anche meglio. Il sospetto più atroce è che non sia capace di farne e pensi di vivacchiare arraffando consensi, abbindolando e promettendo chi sa cosa.


30 Aprile 2014

Categoria : Politica
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