Terremoti, “certezze” fasulle finalmente smontate


L’Aquila – (di G.Col.) – TRAMONTA LA FAVOLA DELLO SCARICO DI ENERGIA, ORA RIFLETTIAMO SU QUELLA DEI 300 ANNI – (Immagini: i possibili epicentri delle scosse distruttive nel 1702 e 1703, effetti del sisma 2009 a Onna, raffigurazione settecentesca di un terremoto) – Nei giorni scorsi la scienza ufficiale ha scritto la parola fine su una diatriba inutile e infondata, che si è trascinata per anni: quella sul cosiddetto scarico di energia nel corso di serie di scosse sismiche. Magari avrebbe potuto farlo prima, sarebbe stato meglio… E ci saremmo risparmiate tante sciocchezze che, negativamente, contribuiscono ad alimentare confusioni ed equivoci nelle menti delle persone.
La gente, infatti, in un paese come il nostro in cui le cose scientifiche sono estesamente ignorate, tende a credere a dicerie e fesserie ripetute, più che alle notizie di fonte qualificata. Un aspetto vistoso della nostra arretratezza culturale. Hai voglia a dire che i vampiri non sono mai esistiti: più lo dici, e più la gente crede nei vampiri. O nei fantasmi e nelle fattucchiere.
La chiacchiera sullo scarico di energia (“Meglio che ci siano tante piccole scosse, così… si sfoga”) ha circolato da sempre, ed ha avuto anche autorevoli avalli. Sarebbe bastato riflettere sul fatto che cento piccole scosse scaricano appena una minima quantità dell’energia, rispetto a quella di una sola forte scossa. Uno scarico di energia, o meglio un trasferimento, meglio ancora una trasformazione, sicuramente c’è in ogni fenomeno sismico, ma è facile capire che potremmo giovarcene, fare dei calcoli, solo se sapessimo quanta energia complessivamente è accumulata sotto terra…
Se bevo un bicchiere di vino, non possono dire di averne bevuto tanto o poco, senza sapere quanto ce n’è nel contenitore dal quale lo attingo.
Con i terremoti, che fanno paura e portano disgrazie e danni, è ancora peggio. Non sarà mai davvero estirpata la convinzione di tanti che siano prevedibili e previsti, e che la verità venga nascosta ad arte, o minimizzata. Siamo portati a dimenticare, spesso a sospettare, e a non credere in chi si sforza di dire la verità scientifica. Abbiamo ricordi spesso confusi impressi nella mente. Specie, a L’Aquila, quello della “replica”: ad ogni terremoto (e ce ne sono davvero tanti nei ricordi di tutti coloro che abbiano almeno 40 anni) si aspettava la replica (la seconda scossa, in sostanza) e quindi era consolidata l’idea della possibilità di sapere cosa sarebbe accaduto. Il più delle volte la replica, o le repliche, c’erano, perché è difficile che un terremoto si manifesti con una sola scossa… Tutti erano convinti che la replica era sempre meno forte. Qualche volta era così.
Ma almeno una volta la replica fu molto più forte della prima scossa… Accade nel 1703. Una delle distruzioni aquilane.
In molti, comunque, era certezza scontata la possibilità di “sapere prima” cosa sarebbe accaduto, Peccato che la storia racconti solo disastri e lutti… Da almeno 25 secoli nell’area appenninica centrale. Dunque, mai nessuno che abbia potuto “sapere prima”.
Sarà utile, forse, riflettere un attimo sulla natura sismica dell’Appennino e in particolare di quello più sismico, appunto il nostro, tra Umbria, Alto Lazio, Abruzzo interno, Molise, Sannio. Dati e numeri sono di fonte certa: l’Istituto di Geofisica INGV. Eccone alcuni.
Per tenerci stretti, rileviamo che solo nel 2013 i terremoti in Italia sono stati oltre 21mila. Ma c’è di peggio: nel tragico anno 2009, furono circa 26.000. Tutti sono preoccupati, e per primi gli scienziati, che però avvertono come fa Alessandro Amato: “Nella storia è capitato più volte che si verificassero periodi di maggiore attività, con terremoti forti e più frequenti, e più sequenze attive nello stesso tempo”. Ma purtroppo non è una regola, solo un dato statistico. Utile, ma non tanto da metterci al sicuro.
Dove si ripetono i terremoti? Sempre, o quasi sempre, in zone che nella storia hanno avuto terremoti forti. Quindi in tanti, in Italia, debbono rassegnarsi. La sola regola da seguire è: costruire bene. Proprio quello che solo raramente è stato fatto a L’Aquila.
Tornando alle sequenze, attualmente, sono in atto periodi di prolungata attività sismica nella zona del Metauro, nella zona di Gubbio (migliaia di scosse da più di un anno), lungo le coste calabresi, nelle isole Eolie, nelle Alpi Cozie.
Ed ecco che molti pontificano sugli sciami sismici. C’è chi giura che portano sempre a scosse forti, chi fa previsioni sulla loro durata. Chi legge le cronache del passato e ne trae deduzioni, dimenticando che la natura spesso si ripete, ma non esiste alcuna certezza sui suoi comportamenti. Il solo soccorso possibile possono portarlo i dati. Moltissime sequenze sismiche in Italia portano a forti terremoti. Così fu a L’Aquila: le scosse duravano dal dicembre del 2008, poi divennero più forti e frequenti, e poi fu il 6 aprile 2009. Dopo, per quattro anni un numero altissimo di scosse, molte non avvertite, ma rilevate.
In molti altri casi, però, tante scosse ma nessun esito catastrofico. Impossibile scrivere delle regole. Serve quella della prudenza.
Mai rassicurare, mai tentare di minimizzare, mai indurre la gente a dimenticare, mai raccontare favolette sulla periodicità. Favola – anche piuttosto criminosa – è quella dei 300 anni nella zona aquilana. Caso mai, esiste una certa ricorrenza di forti terremoti ogni 50-60 anni, visto che gli ultimi scossoni (oltre il 5 Richter) avvennero nel 1950 e nel 1958. Ma non è una regola, non è una certezza, non è assolutamente argomento al quale affidarsi.
Sotto terra può avvenire oggi quello che non è mai avvenuto prima, o è avvenuto 5.000 anni fa. Inoltre, gravi danni possono arrivare anche da terremoti generati a grande distanza: nel 1915 – terremoto della Marsica – ci furono disastri a L’Aquila, a Terni, Perugia e anche a Roma. Dunque…


11 Aprile 2014

Categoria : Scienze
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