La solidarietà cinque anni dopo


L’Aquila – Scrive Leonardo Dongiovanni, Arcigay Consoli: “L’ennesima dichiarazione di affetto alla nostra città ferita, alle famiglie in lutto, alle storie di chi ce l’ha fatta ma che comunque “nulla è più come prima”, a noi che siamo gli aquilani che sanno davvero cosa significhi vivere in una città azzoppata e che siamo stati capaci di tante aberrazioni ma anche di tanta bella umanità. Un gesto d’affetto in ogni caso inutile e melenso, che dopo cinque anni suona molto come il sequel del peggior romanzo rosa perché tutto è fermo (magra consolazione la pianificazione dei prossimi lavori per le strade principali del centro) e perché siamo un po’ “ammaccati” dentro e ce ne accorgiamo soltanto quando abbiamo la possibilità di sostare in ogni città che possa dirsi “normale”, per quanto non possa essere la nostra, per quanto non abbia la sua storicità e suggestività e non sia quello che L’Aquila è per noi.
Dopo cinque anni l’unica via di fuga nella città pare essere tuttavia la voce di quei cittadini veraci e combattivi che lottano perché attorno alle macerie e agli androni abbandonati nasca L’Aquila di domani, perché questa diventi una città estranea alla provincialità, alla diffidenza verso gli stranieri, all’omofobia, all’inadeguatezza per disabili ed anziani. Perché i bambini aquilani sappiano che anche loro hanno una storia bellissima da raccontare e dei palazzi antichi che appartennero ai loro padri.
E’ per questo che la nostra solidarietà indiscussa ed incontrovertibile non basta se non si evolve in cittadinanza attiva sotto tutti i fronti. Di contro questo stesso messaggio resta un bel vaso barocco ma vuoto e noi buttiamo via i ricordi dei morti e di chi mise la sua vita al servizio della causa.
Dopo cinque anni la solidarietà non basta e la città va ricostruita nello spirito e nel corpo in ogni giorno dell’anno, in ogni carezza data ai nipoti, in ogni edificio pubblico che si tira su, in ogni turista che mostra rispetto con la sua visita, in ogni straniero pronto ad integrarsi di fronte ad una comunità che glielo permetta. Forse il vero “miracolo italiano” sarebbe questo e forse qualcuno per noi potrà raccontarlo come si racconta una bella pagina di storia”.


04 Aprile 2014

Categoria : Cronaca
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