Silent L’Aquila, splendide e vere foto
L’Aquila – Dal 5 al 12 aprile 2014 al MU.SP.A.C. Piazza d’Arti mostra fotografica su L’Aquila silenziosa, Silent L’Aquila, di Marco Equizi. Inaugurazione: sabato 5 aprile ore 17,30. Il Progetto: L’Aquila Silenziosa è un progetto che nasce in agosto, per caso. Vuole documentare il “letargo” della città, interdetta alla normale vita dei suoi residenti, isolata da una barriera più forte delle sue possenti mura.
Dopo ogni disastroso evento sismico, come è accaduto anche nel 1703, il capoluogo d’Abruzzo ha vissuto lunghe pause, in attesa della ricostruzione. In ogni epoca, vie e piazze sono rimaste deserte, senza che anima viva passasse tra di esse: “Quando, dopo anni, furono riparati i danni riparabili, ricostruito il ricostruibile, sostituito il distrutto, L’Aquila fu un’altra città: fiorì il barocco e i resti medievali e rinascimentali affiorarono solo qua e là”.
L’obiettivo grandangolare riprende quiete e desolazione in diversi punti della città, fingendosi tanti occhi aperti in un’unica, lunga, notte d’estate; sottolinea l’assenza di persone, così come di autovetture e motocicli. I fontanili proiettano le loro ombre sui palazzi danneggiati e messi in sicurezza da tiranti e puntelli, l’acqua però non scorre nelle vasche e, nei campanili delle chiese, non si scorgono le campane. C’è solo un avvolgente silenzio e qualche lieve e isolato scricchiolio: è come il fotogramma di un home video, bloccato in pausa fino a quando lo spettatore non si deciderà a premere di nuovo il tasto “play”.
Alcune immagini mostrano linee di entrata e punti di fuga, altre nascondono indizi di geometria; alberi e lampioni spezzano la continuità spaziale di opere architettoniche di diversi stili ed epoche. Tutte, però, vogliono mostrare l’anima di L’Aquila, città immota dove, quattro anni fa, morivano sogni ed esistenze; nei suoi angusti vicoli e nelle sue piazze non si percepisce alcun segno di vita, ma cresce uno stato d’animo: la spasmodica, ansiosa attesa di un nuovo inizio.
(G.Col.) - Le fotografie di Marco Equizi sono davvero bellissime. Il bianco e nero e i contrasti tra luci e ombre, spesso dominanti come sfondo o cielo, sono autentica arte fotografica. Chi ama le foto, ma soprattutto chi ama le mille nuove e spesso inquietanti prospettive che il centro della città offre a chi sa osservare in solitudine e in quiete, troverà emozioni e suggestioni oggi davvero rare.
In qualche scorcio balzano agli occhi scorci metafisici, che subito portano a De Chirico e alle sue piazza. Solo che in Equizi non c’è il colore, che molto chiaramente a lui non serve.
E’ importante vedere e mostrare foto del genere, è fare cultura, in un’epoca in cui chiunque impugna uno stupido telefonino o un ancora più stupido smart e scatta foto con isteria e nevrosi ormai spalmate e onnipresenti. Mostri dell’immagine spuntano da ogni isterico di questo tipo e girano il globo nella folle unificazione in tempo reale che è oggi la malattia telematica con febbre altissima.La comunicazione impazza sempre più massiccia, onnivora e deficiente. La fotografia sembra morta. Non lo è, basta saperla fare, usare macchine giuste, e avere un’interiorità. E se aggiungiamo un paesaggio oggi unico al mondo, come quello aquilano, il risultato è una splendida mostra. Andatela a vedere soprattutto se appartenete allo squilibrato mondo degli smartmaniaci che impugnano il loro mostricciattolo anche al ristorante, seduti di fonte alla fidanzata.
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