Presidenti commissari, la riforma ridicola
(Nella foto Carapelle Calvisio, 80 abitanti e tuttora comune) – Del Corvo e gli altri presidenti delle province si chiameranno commissari. Assessori e consiglieri a casa, ed è finita la pacchia degli stipendi e dei gettoni. Nel 2015, partirà il complicato processo di revisione costituzionale per cancellare le province dalla carta geografica politica italiana. Ma chi sa quanto durerà e se andrà davvero mai a compimento. Nel frattempo, nel 2014, i commissari dovranno mandare avanti (conservando i dipendenti di un ente che si trasforma, ma non perde pezzi) senza soldi per le scuole e per le strade. Come faranno a togliere la neve e ad accendere i termosifoni, lo sanno soltanto Renzi e – forse – il Padreterno. I commissari di sicuro no.
La riforma dovrebbe portare all’accorpamento dei piccoli comuni, almeno fino a 3.000 abitanti in montagna. Un’esigenza talmente facile da capire, ovvia, che la politica italiana non ha mai capito, fissata con il clientelismo e preoccupata solo di perdere i voti che molti sindaci hanno sempre portato ai parlamentari. Siccome in questo sderenato paese si fa non quel che serve, ma quel che fa comodo, rimasero inascoltate le richieste di tanti sindaci, fin da vent’anni fa, di unire i loro paesini e farne comuni multicentro. Se si ricorda che in Abruzzo esistono comuni di 80 o 130 abitanti, persino un macigno del paleolitico capirebbe che sono un’assurdità . Ma non un politico italiano.
Dopo tanto penare, comunque, arriva il primo sforbiciamento alle province e il primo orientamento verso l’unione dei minicomuni. Spazzare via assessori e consiglieri provinciali di cui nessuno sentirà l’assenza non è molto. Che razza di riforma è, lo chiedono in parecchi. La risposta è facile: una riforma all’italiana, ipocrita e fasulletta, una finta capziosa. Una caricatura. Ma tanto e non di più sappiamo produrre.
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