“Le aree interne ricuciranno l’Abruzzo”


L’Aquila – “Lo sviluppo delle aree interne e delle città medie che in esse insistono, e qui cade il ruolo essenziale della città dell’Aquila, non è o deve essere obiettivo isolato o di carattere assistenziale ma coincide con gli interessi complessivi di tutta la regione”.
Lo afferma Romeo Ricciuti, foto, presidente del Centro studi italiani nel mondo “Lorenzo Natali”, in un documento intitolato “Per una ‘visione’ dell’Abruzzo e dell’Aquila” dopo il workshop dei giorni scorsi relativo lavoro accademico “Abruzzo 14/20” curato dai ricercatori della cattedra di Urbanistica dell’Università D’Annunzio del professor Roberto Mascarucci.
Più che le “città forti” indicate dallo studio, secondo Ricciuti, le zone di montagna e le città dell’interno “devono diventare i punti di ricucitura del tessuto economico e culturale dell’intero Abruzzo e i luoghi dove è possibile riorganizzare funzioni e attività non esclusivamente al servizio delle sole popolazioni delle aree interne, ma possibilmente integrate o integrabili con le città delle aree costiere”.
“In altri termini occorre ritrovare in Abruzzo una comune interpretazione dello sviluppo secondo una linea che deve tendere a superare gli squilibri economici e territoriali in una visione unitaria – conclude – E in questo quadro deve porsi, pertanto, anche la ricostruzione aquilana”.

Ecco il contenuto integrale del documento “PER UNA VISIONE STRATEGICA DELL’ABRUZZO”
Anzitutto sarà bene sottolineare che la nostra regione, in quanto inserita territorialmente ed economicamente in un’area “significativa”, dovrà misurarsi oggi, e soprattutto nel futuro, con un vincolo molto serio; la competitività delle aree con termini extraregionali (Roma, Umbria, Marche eccetera), affidate sempre più allo sviluppo e all’impiego di nuove tecnologie e l’essere inserite queste aree in direttrici capaci di valorizzare risorse e rafforzare potenzialità.

Questo vincolo induce poi un effetto anch’esso rilevante: l’espansione di attività economiche su settori presenti in aree che producono o che hanno capacità di utilizzare efficacemente tecnologie avanzate e posizioni territoriali.

La presenza di tali fenomeni rende, quindi, impraticabile una concezione dello “sviluppo per inseguimento” che faccia ripercorrere alle aree marginali tutte le fasi di sviluppo delle aree forti, concezione cui si sono ispirati, in prevalenza, gli interventi della politica meridionalistica.

Tale politica porta inevitabilmente, di fronte ai fenomeni richiamati, a uno sviluppo assistito e comunque subalterno.

Lo “sviluppo per inseguimento” diventa quindi incompatibile con l’obiettivo generale dell’integrazione dell’Abruzzo nel contesto interregionale e della rinascita dell’Aquila.

In relazione a ciò si palesano quanto mai urgenti alcune opzioni strategiche per lo sviluppo dell’economia regionale:

Sviluppo polivalente e integrato del sistema economico affidando a settori avanzati anche il ruolo di riqualificazione della base produttiva esistente;

Abbandono di divisioni settoriali dello sviluppo, espressioni spesso di logiche anguste;

Innesco nell’area di processi produttivi qualitativamente progrediti;

Modificazione in senso qualitativo dei comportamenti e dei metodi di governo di molte istituzioni locali.

Tutte le opzioni indicate sono tanto più necessarie nel momento in cui sono più trasparenti i connotati e gli effetti del nuovo ciclo tecnologico che dovrebbe attuari nella fase di nuovi interventi dello Stato nel Mezzogiorno e tanto più necessarie nella fase post-sisma del comprensorio aquilano.

A ciò occorre aggiungere che i concomitanti fenomeni di terziarizzazione dell’economia industriale e dell’industrializzazione dell’economia del terziario mostrano, anche per l’Abruzzo, quanto siano inadeguati ragionamenti basati sul modello dei settori delle attività economiche (primario, secondario, terziario).

Questi fenomeni e queste tendenze, ormai consolidate, suggeriscono di costruire ipotesi e strategie di sviluppo con visioni integrate, capaci di cogliere le interconnessioni tra settori, prodotti e tipologie di lavoro.

Pertanto le riflessioni sullo sviluppo della regione e la ricerca di possibili strategie per il suo rilancio non possono prescindere dagli effetti di questa mutazione che investe le dinamiche evolutive dei fattori economici e industriali, scientifico – tecnologici, istituzionali e sociali.

Intorno a questa analisi, con un processo culturale di tipo sistemico, vanno perciò ricercati momenti di sintesi e riportata a unità il “troppo particolare” che frequentemente affiora nei dibattiti attuali.

In questo contesto un ruolo rilevante dovrà giocare la ricerca scientifico-industriale (ruolo dell’università) e la formazione, il momento culturale, una strategia turistica organica per tutta la regione.

Ma insieme (ed oltre) ai citati obiettivi ne emerge un altro che in un certo senso sintetizza lo stato di fatto e dà un orientamento alle prospettive.

Il riferimento riguarda esplicitamente l’assetto territoriale della nostra regione e della nostra città e le sue interconnessioni con il territorio.

Infatti uno dei riferimenti strategici per il futuro dell’Abruzzo è la natura della direzione che assumerà – nel quadro dello sviluppo economico italiano – il sistema relazionale Adriatico-Tirrenico.

È noto, a questo riguardo, che gran parte dei divari di sviluppi tra fasce costiere e aree interne non è imputabile solo alla diversità delle strutture economiche e urbane delle prime rispetto alle seconde, ma anche e soprattutto all’intensità delle relazioni economiche e ai meccanismi localizzati con cui lo sviluppo tende a estendersi dal Nord al Sud.

L’estensione dello sviluppo negli anni più recenti è avvenuta, infatti, mediante il rafforzamento dei grandi “corridoi” lungo il Tirreno e lungo l’Adriatico.

Gli assi trasversali autostradali che hanno interessato l’Abruzzo (Roma – Avezzano – Pescara e Roma – L’Aquila – Teramo) pur avendo avuto un ruolo non indifferente non hanno però contribuito, nel fondo, a superare gli squilibri anche perché essi non sono stati adeguatamente razionalizzati e sfruttati.

Di più occorre dire che la grande progettualità disegnata per i piani futuri tende a rafforzare la tendenza localizzatrice Nord-Sud lungo i bordi costieri escludendo di fatto le aree interne. Al riguardo l’idea progettuale tende a disegnare una grande direttrice interna (la Dorsale Appenninica) e una rete organica di assi ferroviari dell’Italia centrale, non ha ancora trovato adesioni e riscontri sostanziali.

Le aree interne, quindi, pur con l’apporto dei citati assi autostradali, stentano a trovare un proprio autonomo sviluppo.

Si impone pertanto una riconsiderazione a tutto tondo del problema cominciando col precisare, intanto, che lo sviluppo di tali aree e delle città medie che in esse insistono, e qui cade il ruolo essenziale della città dell’Aquila, non è o deve essere obiettivo isolato o di carattere assistenziale ma coincide con gli interessi complessivi di tutta la regione.

In questa prospettiva le aree interne e le città in esse collocate devono diventare i punti di ricucitura del tessuto economico e culturale dell’intero Abruzzo e i luoghi dove è possibile riorganizzare funzioni e attività non esclusivamente al servizio delle sole popolazioni delle aree interne, ma possibilmente integrate o integrabili con le città delle aree costiere.

Questo significa che gli indirizzi programmatici regionali non possono o non debbono ridursi a pura elencazione di obiettivi buoni per tutti gli usi, ma siano obbligati a ritrovare, proprio nelle diversità abruzzesi, le ragioni per azioni integrate.

In altri termini occorre ritrovare in Abruzzo una comune interpretazione dello sviluppo secondo una linea che deve tendere a superare gli squilibri economici e territoriali in una visione unitaria. In questo quadro deve porsi, pertanto, anche la ricostruzione aquilana.


21 Marzo 2014

Categoria : Economia
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