Paraciclismo: la Nazionale svela la voglia di vivere dietro la passione per lo sport


Francavilla al Mare – (F.C.). “Avevo tre anni e mezzo ed ero con mia madre in stazione. All’improvviso mi sono staccato da lei per scappare sui binari: stava arrivando un treno. Mia madre si e’ gettata a terra per salvarmi: lei e’ morta, io sono sopravvissuto all’incidente. Il treno mi ha tranciato le gambe. Poi una e’ stata ricostruita con i pezzi dell’altra”. E’ uno dei drammi di vita che si celano dietro la Nazionale italiana di paraciclismo, in questi giorni in Abruzzo, a Francavilla al Mare, per il primo vero ritiro della stagione. In particolare e’ la storia di Andrea Fusateri, di Monza, in azzurro da qualche anno. “Lo sport – dice – per me e’ ragione di vita, anche se il mio handicap, seppur grave, non ha mai rappresentato un impedimento”. Questa e’ la Nazionale “delle medaglie pesanti”, come sottolineano i vertici Fic (Federazione italiana ciclismo) e ne va orgoglioso Franco Zuccarini, presidente del Comitato paralimpico d’Abruzzo. Perche’ parte di quelle medaglie “parlano” proprio abruzzese. Ci sono, infatti, i trionfi di Luca e Ivano Pizzi, protagonisti nel tandem, che hanno conquistato un oro e un argento alle ultime Olimpiadi di Londra, oltre al primo posto, piu’ volte, ai Mondiali. E ci sono le vittorie di Pierpaolo Addesi, piu’ volte campione italiano e quello che, col suo lavoro, ha permesso a Fabio Triboli, di agguantare l’oro alle Olimpiadi a Pechino. “Un team fortissimo – spiega il ct Mario Valentini, 72 anni, da 14 alla guida degli azzurri – e che quindi ha l’obbligo di fare risultato”. Il mister quest’anno ha deciso di “rinverdire” la squadra e a quella che definisce “la vecchia guardia, ancora vincente”, ha affiancato una rosa di 14 nuovi ragazzi, che arrivano un po’ da tutta Italia: Liguria, Toscana, Sicilia, Friuli, Puglia. Questa Nazionale in 5 anni anni ha portato all’Italia ben 154 medaglie. I ciclisti, in questi giorni, stanno testando soprattutto le strade della provincia di Chieti. Il primo impegno ufficiale e’ vicino, anzi vicinissimo. “Ad aprile – riprende Valentini – ci sono i Mondiali su pista, in Messico, e dobbiamo essere pronti”. Come fa a motivare gli atleti? “Sto davanti a loro e quando non riesco mi attacco ai pulmini”. Diversi i ciclisti, ci sono anche donne, che stanno su una carrozzella, alcuni si muovono con le stampelle, altri indossano protesi. Ma qui l’invalidita’ e la disabilita’ diventano un valore aggiunto. Luca Mazzone, di Bari, raccomanda ai bimbi, piccoli corridori arrivati per vedere la Nazionale al lavoro, di essere prudenti, sempre. “Era l’estate del ’90 – ricorda – ed ero in vacanza. Mi sono tuffato in mare”. Ha sbattuto la testa sulla sabbia, e’ finito su una sedia a rotelle. “E il ciclismo e’ stato il mio modo di riscattare una vita che avevo immaginato diversa”. Michele Pittacolo e’ di Udine. Praticava il ciclismo dall’eta’ di 13 anni. Nel 2007 un incidente stradale mentre si allenava. E’ stato travolto da un’auto, ha sbattuto violentemente la testa. “Ho avuto la calotta cranica sfondata. Sono stato in coma, poi mi hanno ricostruito il cranio con la resina. Mi davano per spacciato”. Si e’ rimesso in piedi e ha ripreso la bici, “con risultati di cui vado fiero”. Ognuno lucida la propria bici, modificata a seconda dell’handicap. C’e’ chi prepara la propria handbike, quella che si “pedala” con le mani, che va giu’ in picchiata anche a 90 all’ora – fanno presente – e che si e’ conquistata un posto di rilievo grazie alle gesta di Alex Zanardi. Poi ognuno infila il proprio mezzo e via, su un’altra salita. Alla ricerca di un nuovo traguardo.


19 Marzo 2014

Categoria : Sport
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