Il “caffè sospeso” e la cena a sbafo
L’Aquila – Scrive Franco Taccia: ” E’ un’antica tradizione partenopea quella del “caffe’ sospeso”, cioè l’abitudine, da parte di qualcuno, di entrare in un bar ed ordinare appunto un “caffe’ sospeso”. In questo modo il cliente paga due consumazioni: una per sè e l’altra a disposizione del primo “poveraccio” che entrerà nel locale trovando così il caffè già pagato.
Molti politici hanno evidentemente equivocato e hanno acquisito il fermo convincimento che anche loro, sia che vadano in albergo, sia che si fermino a cena, non solo non debbano pagare di tasca propria ma addirittura possano prendere quel che vogliono e spendere e spandere come credono perchè tanto poi c’è chi paga, come se il poveraccio di cui sopra oltre al caffè pretendesse la correzione col “Chivas”.
Ora non dico di scomodare, parlando dei politici, Tommaso Moro per il quale, in linea con i principi del Cristianesimo, ogni attività deve essere regolata da criteri morali, ma resta il fatto che leggendo ogni giorno solo una piccola parte di quel che accade in Italia, la certezza che, per certa gente, non dico la conoscenza di Tommaso Moro, ma la percezione del significato dellla parola “morale” sia molto “superficiale” è fuor di dubbio. E quel che lascia increduli non è tanto la descrizione dei particolari per i quali certe persone finiscono sulle pagine dei giornali, quanto gli argomenti ai limiti dell’assurdo utilizzati per controbattere.
Scopriamo ad esempio che per le alte sfere delle “Regioni” il confine tra normale e anormale, logico ed illogico, opportuno e inopportuno di fatto non esiste. Perchè se a uno vien fatto notare che non sta scritto da nessuna parte che se va in missione (magari a 100 km da casa) debba spendere 200 euro e oltre (del contribuente) per dormire e se si allontana un po di più non c’è una norma che preveda l’obbligo della cena “ittica”, ti senti rispondere che la magistratura sta indagando per valutare; ma per valutare che cosa? E che deve fare un G.I.P. ? Mandare gli agenti di P.G. al mercato del pesce di Manfredonia o a Ostia Lido per chiedere a quanto stanno le “mazzancolle”?
Ma cos’è che rende lecito il ricorso allo “chef” per preparare “le petit déjeuner” per il risveglio di uno di alto livello (?) mentre un impiegato o un operaio già sballano il budget se oltre al caffè prendono anche la “pastarella”?
Eh, ma era una cena di gruppo, mica potevo non partecipare! Eh, ma hanno prenotato tutti al Grand Hotel, mica potevo fare il crumiro e andare all’ostello!
Qualche mese fa, sempre in tema, ho letto di qualcuno che parlando di pranzi e cene, ha risposto che è normale che uno che lavora (?) poi debba anche nutrirsi.
Allora avrei una proposta semplicissima, per Renzi, anche perchè tra poco ci sono le “europee” e magari gli torna buono…..
Perchè non rendere obbligatorio il “buono pasto” per tutti con il medesimo valore?
Dall’operaio al postino, dall’assessore regionale al ferroviere, dal deputato all’infermiere “ticket restaurant” da € 6,50.
E chi vuole il pesce prenderà i “bastoncini Findus”, anche se gli altri commensali ordinano il caviale, o, altrimenti paga di tasca sua. Andrà comunque bene per chi accede alla “buvette” della Camera o del Senato. Un primo e un secondo, senza vino, ci esce e per un ” tiramisù” basterà un piccolo sovrapprezzo di 2 euro”.
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