Ocse:in Italia disoccupazione salita al 12,9%.Pericoli già evidenziati nel rapporto “Going for growth”
(a cura di Flavio Colacito – psicopedagogista). Il tasso di disoccupazione nell’area Ocse e’ stabile al 7,6% nel mese di dicembre, dopo due flessioni consecutive. Lo riferisce l’organizzazione di Parigi. In Italia il tasso e’ salito al 12,9% dal 12,78% di dicembre, un dato comunque nettamente superiore al 12,1% di luglio. Peggio della penisola solo il Portogallo (15,3%) la Slovacchia (13,6%) e la Spagna (25,8%), dove pero’ il dato registra una flessione dello 0,1% rispetto a dicembre. Per la Grecia l’ultimo dato disponibile e’ invece quello di novembre (28%). A guidare la classifica sono invece la Corea del Sud, con appena il 3,2% di disoccupati, seguita da Giappone (3,9%) e Messico (4,8%). Nell’Eurozona il tasso di disoccupazione e’ rimasto stabile al 12%, con la Francia che avanza da 10,8% al 10,9% e la Germania che scende dal 5,1% al 5%. Negli Stati Uniti la disoccupazione continua a calare, scendendo dal 6,7% di dicembre al 6,6% di gennaio. La disoccupazione giovanile nell’intera area Ocse a novembre e’ salita al 15,7% dal 15,4% di dicembre ma si mantiene ai massimi storici in diversi paesi dell’Eurozona, quali la Spagna (54,6%), l’Italia (42,4%), il Portogallo (34,7%), la Slovacchia (31,3%) e la Grecia (59%, dato di novembre).Tuttavia andrebbe ricordato che per l’Italia, comprese le altre economie avanzate del sud Europa, si era già evidenziato il rischio che si potesse venire a creare un’alta disoccupazione strutturale, allarme precedentemente lanciato dall’Ocse con l’inserimento dei nuovi dati del rapporto ”Going for growth”, nel quale si prospettava un periodo di bassa crescita per l’economia globale. ”La generale decelerazione della produttività dall’inizio della crisi può lasciar presagire l’inizio di una nuova era di bassa crescita”,tenendo conto del ”ritmo della ripresa globale che resta lento e crescenti preoccupazioni di un abbassamento strutturale dei tassi di crescita rispetto ai livelli pre crisi”.Così si era espresso qualche tempo fa l’ex capo economista dell’Ocse Pier Carlo Padoan , sottolineando nel rapporto i timori ben prevalenti nei Paesi avanzati, attualmente ”estesi alle economie emergenti” e peggiorati dalla pesante disoccupazione aggravata dal calo della partecipazione alla forza lavoro in varie nazioni. In quel rapporto si poneva in particolare l’accento sull’elevata disoccupazione in parecchie economie avanzate, specialmente l’alta incidenza di inoccupati a lungo termine. ”Il rischio di una elevata disoccupazione strutturale potrebbe materializzarsi in Paesi come quelli del sud dell’Europa”. Per quanto riguarda più specificamente l’Italia, il rapporto Ocse rilevava che per effetto della crisi e delle misure di aggiustamento dei conti pubblici , il tasso di disoccupazione appare ”a doppia cifra”, non intravedendo segnali celeri circa un possibile cambiamento sostanziale: la disoccupazione di lunga durata in Italia (oltre un anno) riguardava il 53% dei senza lavoro nel 2012, oltre un punto in più rispetto al 2011, determinando la necessità in Italia di una serie di interventi a favore dell’occupazione, tagliando magari il cuneo fiscale, spostando l’asse d’intervento ”tutelando maggiormente il reddito dei lavoratori e meno il posto di lavoro in sè e migliorando la rete di supporto sociale”, intervenendo sul fisco, riducendo le barriere alla concorrenza, migliorando la giustizia civile e accelerando complessivamente la realizzazione di politiche attive per il lavoro, migliorando l’efficienza della struttura del fisco attraverso una semplificazione delle norme volte a contrastare l’evasione. Nel momento in cui la situazione dei conti pubblici lo potrà permettere, l’Italia dovrà ridurre il peso del fisco sui redditi bassi da lavoro, per poi potenziare il mercato diminuendo le barriere alla concorrenza attraverso tutti i livelli di governo, senza dimenticare che l’Italia, alla luce degli ultimi rilievi fatti, dovrà far scendere il peso della presenza dello Stato nel controllo delle imprese, auspicando un intervento per ridurre i tempi della giustizia civile troppo luoghi per un Paese realmente civile e competitivo.
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