Edimo e sofferenze, cosa c’è sotto?


L’Aquila – di GIANFRANCO COLACITO –
(Foto: in evidenza lo stabilimento produttivo, sotto grandi opere come un ponte Serbia-Turchia, e presenze: la Edimo in Moldavia) - La Edimo è la più sostanziosa realtà produttiva dell’area aquilana, dà lavoro a 700 persone (così almeno dichiara), è un prodigio di sviluppo e di intelligenza imprenditoriale. Ma c’è, in ciò che sta accadendo, più di qualcosa che non convince. Lati oscuri sui quali è dovere della città far luce, se non lo fanno i sindacati. I quali, a quanto pare, se ne guardano bene.
La Edimo merita rispetto e apprezzamento. Dato per scontato questo, viene spontaneo porsi delle domande, che anche altri dovrebbero porsi, mentre viene mantenuto un inquietante silenzio, del resto anche comprensibile – ma non giustificabile – visto che stiamo parlando di un gigante che allunga i suoi tentacoli e intimidisce istituzioni, politici, informazione, fa parlare o tacere secondo come gli conviene, e fa inceppare tutti i meccanismi, se lo ritiene utile. A certe aziende si fanno i raggi X, vengono incalzate da domande e insinuazioni. Alla Edimo si perdona tutto?
Il potere dei potenti ha mille sfaccettature ed entrature.
Prima considerazione. Siamo nel cosiddetto “più grande cantiere d’Europa”, dove si prospettano ricostruzioni per miliardi e per anni, cinque dice ottimisticamente il Ministro Franceschini. Nessuno gli crede davvero: saranno se tutto va bene almeno il doppio. Non ci sono solo case e strutture da rimettere in piedi, ma opere costosissime, con interventi che definire massicci è eufemistico. La Edimo ha le mani in pasta ovunque, compare in decine di cantieri, lavora a pieno ritmo, si fa largo, sgomita, ottiene commesse (insieme con il capo dei costruttori, Frattale), si aggiudica appalti. Per non dire dei mille cospicui interessi che il gruppo coltiva fuori dall’Italia, da quella sorta di centro di potere che è, dai mille tentacoli, di certo meritatamente. Legalmente, riteniamo.
Perché deve ricorrere a cassa integrazione ordinaria e ora anche straordinaria, perché deve tenersi in cassa gli stipendi degli impiegati sostenendo di non poterli – per ora – corrispondere?
A tutti la vicenda appare quanto meno incomprensibile.
Si sostiene che privati e amministrazioni pubbliche non pagano, che persino la Protezione civile si fa tirare la giacchetta. Si sbandiera, come conseguenza, una insufficiente liquidità. Si arriva a mettere a zero ore decine e decine di lavoratori. Si fa trattenere il fiato a centinaia di persone, di famiglie, di giovani che credevano di aver trovato a casa loro una sistemazione. Una convinzione sicuramente salda e razionale, visto che qui è tutto da ricostruire e la Edimo fa proprio questo.
La spiegazione dei ritardi nei pagamenti è sicuramente solida e valida. Ma allora il Governo e Renzi stanno raccontando balle. E balle hanno raccontato quelli prima di loro. Le pubbliche amministrazioni dicono di aver fino ad oggi pagato molti soldi: non tutti, ma molti. E’ vero o è falso? O qui qualcuno, come si diceva anni fa, ciurla nel manico?
Infine, e senza sbrodolarsi in troppe parole, c’è una contraddizione in tutto ciò che l’azienda, nel silenzio corale di istituzioni, politica, e sindacati (ma ci sono?), va facendo. Se la Edimo è in difficoltà, come dice (e fino a prova contraria, va creduta), come mai si accaparra appalti da decine di milioni, ultimo dei quali (con Frattale, altro potente tra i potenti) quello sui sottoservizi in centro a L’Aquila? Chi glieli affida, chi è sicuro che potrà portarli a termine, visto che sparge ai quattro venti cassa integrazione e stipendi non corrisposti ai dipendenti con il colletto bianco?
Gli aquilani e molti abruzzesi apprezzano la grande realtà produttiva e occupazionale tutta aquilana, tutta dovuta all’intraprendenza
coraggiosa di un uomo (Carlo Taddei, personaggio straordinario). Ma cominciano a nutrire dubbi e a porsi domande.
Dovrebbero farlo i reggitori delle sorti cittadine, i pensosi padri della patria che si battono per la rinascita. E non possono permettersi distrazioni sui fenomeni che si manifestano in città.
Gli ancestri insegnavano che, se tuona, da qualche parte piove.


05 Marzo 2014

Categoria : Cronaca
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