Aree di risulta, una parcostrada
Pescara – (di ENZO DEL VECCHIO, consigliere del PD) – Il sogno di un grande parco nel cuore di Pescara era stato accarezzato sin dal momento dell’acquisto di quelle aree dalle Ferrovie Italiane e negli anni successivi consacrato da una strumentazione pianificatoria voluta dall’allora Sindaco Pace e successivamente confermata dall’amministrazione D’Alfonso.
Poi è arrivato il sindaco Mascia, quello della trasparenza e di quella legittimità degli atti per cui aveva addirittura nominato una Commissione di Garanti, che vestendo i panni del più odioso dei prepotenti ha deciso, in barba di quelle regole pianificatorie la cui competenza è esclusivamente del Consiglio comunale, che su quelle aree in luogo di un parco verde vi sorgesse un parco di strade.
Non una strada ma bensì due arterie che attraversano l’area di risulta allo scopo di assorbire il traffico veicolare espulso da Corso Vittorio Emanuele destinato a diventare semipedonalizzata.
Purtroppo, e nonostante lo sfregio di due strade che attraversano l’area di risulta le stesse, per la loro tortuosità , non riescono a smaltire il traffico con paradossali conseguenze che immediatamente si sono registrate già nella giornata di ieri, giorno di chiusura di Corso Vittorio E.
Una scelta sbagliata che ferisce la Città e non solo per gli effetti nefasti che l’intervento su Corso Vittorio E. produce ma soprattutto per l’astiosa arroganza che ha visto una amministrazione chiudersi ad ogni forma di dialogo e confronto con le associazioni di categoria e degli stessi cittadini residenti.
Una gestione della cosa pubblica che mi auguro possa essere solo un brutto ricordo per lasciare spazio ad una amministrazione capace di ascoltare, immaginare, proporre e realizzare ciò che alla comunità ed alla Città di Pescara necessita.
L’auspicio è che il 26 di maggio il nuovo Sindaco e la nuova amministrazione ripartano proprio da quelle aree di risulta per rideterminarne la funzione originaria per le quali un sogno sembrava possibile e per cercare di recuperare al meglio una lacerante ferita frutto di una sciocca miopia e di una arrogante presunzione.
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