Coldiretti/Ixè: nel rapporto 2014 il difficile binomio giovani-lavoro tra sogni, adattamento, rassegnazione


(a cura di Flavio Colacito – psicopedagogista). Una volta si diceva che i giovani italiani, in fatto di lavoro, non erano disposti a ripiegare su impieghi comunemente considerati poco allettanti, rivendicando la centralità del titolo di studio conseguito. Oggi la crisi ha finito per mutare questa visione, scoraggiata da un’altissima percentuale di gioventù senza occupazione, per cui molti, pur in possesso di una laurea e dopo aver sperimentato la reale difficoltà di trovare un impiego, hanno conseguito una mentalità “elastica” adatta al momento. Così si riscopre la lontananza tra la realtà della scuola e le effettive richieste del mercato lavorativo, sempre più orientato verso figure altamente specializzate in quei settori che ancora resistono alla crisi, quella che non fa sconti: pur di avere un impiego, un giovane su quattro (23%) accetterebbe un posto da operatore ecologico, il 27% entrerebbe in un call center e il 36% farebbe il pony express. Ciò si evince dalla prima analisi Coldiretti/Ixè su “Crisi: i giovani italiani e il lavoro nel 2014″, illustrata all’Assemblea elettiva di Giovani Impresa Coldiretti. Leggendo un po’di dati, salta all’occhio una grande disponibilità delle giovani generazioni negli anni della disoccupazione record. Infatti un giovane su tre (33%), pur di lavorare, sarebbe disposto ad accettare un orario maggiormente impegnativo percependo lo stesso stipendio ma, in mancanza di meglio, anche una busta paga con 500 euro in meno con lo stesso orario (32%). Pur essendo aumentata la propensione al sacrificio, rimane ben saldo l’obiettivo del posto fisso: potendo, rimane il sogno nel cassetto per il 46% dei giovani, anche se in diminuzione rispetto al 2013, con un 7% in meno, fino a conservare il mito del dipendente pubblico, al quale ambirebbe il 34% del campione. Coldiretti, a completezza del quadro sulla situazione occupazionale giovanile, sottolinea che “ad evidenziare la criticità del rapporto tra scuola e mondo del lavoro è il fatto che solo il 30% dei giovani fa un lavoro totalmente coerente con gli studi, mentre il 23% lo fa solo in parte. Nell’ultimo anno, i giovani che si sono dati alla ricerca attiva del lavoro hanno presentato in media 20 curricula, ma una percentuale del 44% non ha inviato alcuna domanda di assunzione o lavoro”. Non sono aspetti trascurabili neanche “la presenza di una minoranza del 14% di giovani che hanno ricevuto oltre 50 porte sbattute in faccia, risposte mancanti o negative, di fronte alla richiesta di lavoro”. Non secondario appare l’aspetto -sempre frutto dello studio condotto da Coldiretti – secondo il quale ben l’80% dei giovani fino a 34 anni dica tranquillamente di conoscere qualcuno che ha trovato lavoro ricorrendo alle raccomandazioni che “gli scandali e le difficoltà economiche non hanno fatto venir meno”. La ricerca evidenzia, inoltre, che la oltre la metà dei giovani (51%) sarebbe pronta per recarsi in altri Paesi pur di lavorare, mentre il 64% non si farebbe problemi per trasferirsi in un’altra città. I giovani non si fanno scrupoli nel definire l’Italia ferma (19%), giudicando la propensione allo spostamento una necessità, vista l’assenza di decisioni importanti da parte della politica lontana dai reali problemi della gente, giudicando eccessive le tasse (18%), assente la meritocrazia legata alle opportunità che ne deriverebbero (17%). Solo il 27% dei giovani – secondo la Coldiretti – ritiene ancora che l’Italia possa offrire prospettive lavorative connesse al “made in Italy” (23%), a pari merito con le competenze, la creativita’, le risorse ambientali e quelle culturali quali punti di forza per il futuro. “In un Paese vecchio come l’Italia la prospettiva di abbandono evocata dalla maggioranza dei giovani é una perdita di risorse insopportabile se si vuole tornare a crescere”, ha dichiarato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, precisando che “negli ultimi cinque anni nel nostro Paese sono aumentati percentualmente, tra gli occupati, gli over 55 mentre sono calati i lavoratori più giovani a differenza di quanto è avvenuto in tutti gli altri Paesi industrializzati”.


26 Febbraio 2014

Categoria : Società
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