Una strana città che si getta via
L’Aquila – (Immagine: come potrebbe essere Porta Barete, principale ingresso nella città antica, in un’elaborazione di Antonello Buccella) – Porta Barete? Una conferma di quanto L’Aquila ami il masochismo. Forse non si sa, ma negli Stati Uniti esiste un’archeologia. Pochi resti preistorici, resti della civiltà indiana originaria, resti di edifici che potrebbero essere collegati con ipotetici viaggi di Templari prima di Colombo. In quel paese tutto ciò è trattato con grande rispetto, protetto, esaltato, offerto (a pagamento) ai turisti. Qui di archeologia di varie epoche ne abbiamo a bizzeffe, e per ignoranza o peggio per incultura la lasciamo morire, crollare, scomparire.
Avviene ovunque, perchè siamo un paese ignorante e ora anche straccione e risicato. A L’Aquila si presenta un’occasione inaspettata, favorita dai crolli per il terremoto (ogni medaglie ha due facce), e L’Aquila la sta buttando via. Anzi, sta buttando via se stessa. Non si rispetta, scopre il suo passato quasi con fastidio. E’ su tutto e sempre indecisa.
Tutti sono tiepidi sul recupero della porta e dell’area intorno, trascorrono mesi e forse trascorreranno anni, senza una decisione forte e chiara sul cosa fare di questo nuovo ed esteso patrimonio monumentale. Del resto, L’Aquila una cinta muraria visibile e fruibile l’ha sempre avuta: nient’altro ha saputo e voluto farne, se non un rudere smozzicato, tra rifiuti ed erbacce, da sempre trascurato e abbandonato. In qualche tratto persino, negli anni, restaurato per poi essere subito abbandonato, come nei pressi dell’ex ospedale San Salvatore. Se non è ignoranza questa…
Porta Barete non è una struttura incerta, forse di qua o forse di là . E’ sicuramente lì dove ormai ci sono evidenze, che del resto c’erano sempre state, almeno erano ipotizzabili senza sforzi. E’ su documenti storici e mappe chiarissime, che coincidono e confermano i ritrovamenti. Bisognerebbe recuperare anche il muro ad archi che era sicuramente unito al tratto in vista accanto al tribunale (restaurato e abbandonato ai rifiuti prima del 2009): un muro che tagliava la zona in cui oggi c’è via Venti Settembre.
Cosa avviene e perchè L’Aquila si butta via?
Semplice. Una veloce e sospetta riedificazione di fronte al tribunale ha sicuramente impedito, ormai per sempre, scavi e accertamenti che erano possibili e doverosi. Il problema è ora: spostare o non spostare, ricostruendola, di poco una palazzina demolita nei pressi di Porta Barete? Nessuno ha deciso nulla: non le istituzioni cittadine, e c’è da stupirsi, e neppure le autorità della sovrintendenza. Dov’è il vincolo archeologico? Dove sono coloro che dovrebbero decidere, punto e basta? Meglio: chi ha il coraggio di decidere?
Resta il coro dei sostenitori della cultura e dell’archeologia, che inutilmente alzano la voce e si fanno sentire, o almeno ci provano sui giornali.
Nella solita, inguaribile inerzia dei lavatori di mani che si ispirano a Pilato, la “città della cultura” perde l’occasione di guadagnare un beneficio dai tanti mali del terremoto. Farsi del male dovrebbe essere il moto invece di Immota Manet.
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