Avocazione Grandi Rischi, la giustizia riflette
L’Aquila – (di G.Col.) – (Foto evidenza: la Commissione Grandi Rischi riunita a palazzo Silone il 31 marzo 2009-esclusiva inabruzzo.com) – Nella relazione di pochi giorni fa, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, si rilevava che le “poche richieste di avocazione” dei procedimenti penali da parte della Procura generale, durante l’anno scorso, erano state “tutte rigettate” per infondatezza. L’accoglimento, ieri, di quella sulle indagini a carico di Guido Bertolaso, rappresenta quindi un momento rilevante nell’andamento della giustizia penale in Abruzzo. E senza dubbio un caso alquanto raro nella storia giudiziaria abruzzese. Probabilmente anche il più eclatante, pur avendo memoria di altre avocazioni clamorose nei decenni scorsi, in occasione di grandi processi soprattutto per terrorismo. Tenendoci ai tempi attuali, un’avocazione che fa rumore.
L’avocazione è un istituto giuridico del diritto processuale penale italiano. Consiste nel potere riconosciuto al pubblico ministero di grado superiore di far proprie le attribuzioni normalmente demandate all’ufficio del pubblico ministero di grado inferiore per il compimento di determinati atti. La migliore definizione che emerge dal copioso materiale da noi consultato su Internet e su libri di procedura.
Di regola le procure generali della Repubblica non hanno la titolarità dell’attività investigativa, tuttavia possono far proprie determinate attribuzioni mediante avocazione. Accade quando: in conseguenza dell’astensione o dell’incompatibilità del magistrato della procura della Repubblica designato per svolgere le indagini non sia stato possibile provvedere, o si sia omesso di farlo, alla sua tempestiva sostituzione; nell’ipotesi di indagini collegate condotte da più procure della Repubblica nell’ambito dello stesso distretto di Corte d’appello, a causa del mancato coordinamento tra gli uffici si verifichi una stasi o un inadeguato sviluppo del procedimento.
Ulteriori casi di avocazione avvengono, come prevede la legge:
1.nel caso in cui il Pubblico Ministero non eserciti l’azione penale nei termini di legge;
2.quando il Pubblico Ministero non richieda l’archiviazione nei termini di legge;
3.quando il Procuratore generale non concordi con la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero che ha condotto le indagini preliminari.
Il caso aquilano sembra riconducibile all’ultima ipotesi: il PG non concorda con la Procura. E chiama a sé gli atti, affidandoli a propri magistrati o addirittura al Procuratore generale in persona. E’ evidente che all’attenzione della P.G. sono stati portati, dai legali delle parti civili, elementi molto importanti. Capaci di convincere la Procura Generale, che è l’organo inquirente regionale e agisce presso la Corte d’Appello. Un avvocato di parte civile ha detto in tv: “Vogliamo semplicemente un processo, alla luce di fatti ed elementi che non sono stati valutati”.
Cosa accade ora? La Procura Generale – in base a motivazioni che saranno rese note – continua le indagini sentendo testimoni, esaminando documenti e materiale giornalistico televisivo. Bertolaso, ex capo della Protezione civile, resta indagato, perché la sua posizione non è stata archiviata come chiedeva la Procura.
Indagato perché si ipotizza che abbia teleguidato sia la riunione della Commissione Grandi Rischi a marzo del 2009 a Palazzo Silone, sia l’emissione, al termine di lavori quanto meno rapidi (se non frettolosi e superficiali), di un verdetto “tranquillizzante”. Con tutto quello che accadde poi e soprattutto con 309 morti nel terremoto. Da ricordare, anche se non ce n’è bisogno, che la Commissione G.R. fu ritenuta colpevole e condannata dal giudice aquilano Billi. Pubblici ministeri erano Picuti e D’Avolio, ovvero i PM che, in seguito, hanno chiesto l’archiviazione per Bertolaso.
La lunga e qualche volta oscura storia dei retroscena del terremoto non è finita. Anche perché dovrà esserci il processo di secondo grado alla Commissione Grandi Rischi e poi, probabilmente, la parola finale della Cassazione. In separata sede vanno avanti le azioni legali per i risarcimenti. Siamo a metà del guado, o anche meno di metà , visti i tempi della giustizia italiana, normalmente lunghi, suscettibili di diventare lunghissimi nei casi più scottanti, difficili, controversi. Per L’Aquila, soprattutto dolorosi.
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