Terremoti: la paura, i timori, le dicerie


L’Aquila – (G.Col.) – IL MESE DI FEBBRAIO SPINGE A RICORDI INDELEBILI NELLA MEMORIA STORICA – Un’altra notte con il cuore in gola, l’orecchio teso, il pc acceso sull’Istituto di geofisica INGV, il giaccone pronto, il borsone con l’acqua, qualcosa da mangiare, i documenti, i soldi e alcuni farmaci di uso quotidiano. Tutti hanno consigliato di averlo accanto al letto o alla poltrona del salotto.
Qualcuno ha accettato il consiglio, altri lo hanno respinto per scaramanzia. Ma è sicuro che qualche volta serve, almeno quando tornano le scosse in serie. Cioè ogni volta che c’è il terremoto, che da queste parti non si manifesta mai senza fremiti prima e dopo l’evento più forte, o quello che sembra il più forte. La famosa “replica” di cui parlavano nonne e zii anziani.
Dopo la crisi sismica (almeno sette-otto scosse) spintasi fino a circa alle 22 ieri sera, soltanto una leggera scossa non percepita dalla popolazione, magnitudine locale 1,2, questa mattina alle 5, epicentro lo stesso di ieri tra Pizzoli, Preturo e Scoppito. Molti hanno trascorso parte della notte o tutta la notte fuori casa, anche a L’Aquila, dove la scossa 2,9 di ieri sera alle 21 e 51 ha suscitato paura e preoccupazione. Vanno inevitabilmente con la mente al febbraio del 1703, al terremoto disastroso di tre secoli fa, dopo il quale L’Aquila giurò che non avrebbe più celebrato il Carnevale se non negli ultimi due giorni. E così ancora fa, anche se alcuni locali hanno “rotto” la consuetudine e molti il Carnevale vanno a cercarselo altrove.
Naturalmente non esiste alcun collegamento dimostrabile, solo una coincidenza che crea suggestioni e oscuri timori. Coincidenza, ma eloquente secondo molti e anche secondo qualche studioso, pure il ritorno di scosse rilevanti (fino a 3,5 Richter) tra Norcia e Amatrice nei giorni scors: da lì cominciò il terremoto doppio del 1703 nel mese di gennaio, replica in febbraio. C’è chi ipotizza collegamenti tettonici, nel cuore del sottosuolo, tra le faglie umbre e quelle laziali-abruzzesi, a nord della Valle dell’Aterno e dell”Aquila.
Del resto, la sismologia spesso confessa di non aver studiato a fondo alcune faglie e addirittura di non conoscerne alcune. Nell’incertezza scientifica, ci si affida a dicerie, ipotesi basate su riscontri empirici, ricordi, ma soprattutto ai fatti. I quali dicono che fenomeni sismici sono continui, quasi ininterrotti, tra Aquilano, Reatino e Umbria. La maggior parte nessuno li avverte: sono strumentali. Non è certo la sola zona appenninica inquieta: nell’area di Gubbio i terremoti si susseguono – incredibilmente – da un anno, diverse scosse al giorno, immancabili. Un vero incubo per la popolazione, e grandi silenzi dalla scienza e dalle istituzioni. Come se non accadesse nulla, anzi meno se ne parla e meglio è. Un atteggiamento sciagurato che gli aquilani ben conoscono.


16 Febbraio 2014

Categoria : Cronaca
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