Da toscano a toscano, e noi in mezzo
Letta il toscano (con radici abruzzesi) lascia al toscano Renzi. Da secoli la regione dei geni e dei cervelli è anche la regione in cui tra residenti poco si possono vedere. Anzi, per niente se parliamo di pisani, livornesi, fiorentini… Possiamo dire che Renzi ha bruciato le tappe della sua folgorante ascesa al potere con un’unica idea prepondernate: diventare capo del governo disarcionando l’algido conterraneo. Senza avercela con Letta (ognuno dà quel che può dare), e senza stravedere per Renzi, da cittadini temiamo che l’immagine dell’Italia dei comuni e dei campanili, delle liti continue, ne esca ulteriormente indebolita. Nel mondo pensano che la sola cosa che sappiamo fare veramente bene, è farci del male e pensare solo a litigare. Per il potere, più che altro.
Da abruzzesi pensiamo pure che per le zone terremotate non va da poi così bene, anche se qualche cantiere per la verità c’è. Prima di rischiava di non veder partire la ricostruzione, ora si rischia di vederla bloccata. Percepite differenze abissali? Noi no. Renzi ci vorrà anche bene, chi ne dubita, ma certo nei prossimi mesi ne avrà di cose da fare e di soldi da procurare. Avrà tempo e modo di pensare al problema L’Aquila? E’ d’obbligo a questo punto sperare che la vicinanza all’ipercinetico leader fiorentino della senatrice Pezzopane e di tanti altri esponenti del PD che conta, serva a procurarci qualche benemerenza renziana. Una… benemerenzia. Assonanza verbale non bellissima, ma utile. Da noi scendono reddito, occupazione, aziende, speranze e crescono i bisogni. Mai stati così appesi ad un filo.
Ma tiriamo innanzi, che altro ci resta da fare? Meglio appesi ad un esile filo, che mollati come zavorre.
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