Abruzzo avvelenato, si ricusa il giudice e torna il rischio della prescrizione di tutti i reati
Chieti – Ombre lunghe e farraginose complicazioni giudiziarie minacciano il processo per la discarica di Bussi, faticosamente avviato alla Corte d’assise teatina, e iniziato con l’estensione del numero delle parti civili ammesse e l’ammissione del rito abbreviato. Sembra una frase ironica, visto che tutto cominciò nel 2007… Ciò non deve però indurre all’ottimismo, tutt’altro. Le dichiarazioni alla stampa del presidente della corte Geremia Spiniello (foto)(“Faremo giustizia per il territorio“) sono state colte al volo dagli abili e consumati avvocati che difendono il gigantesco imputato chiamato Montedison. I legali hanno ricusato il magistrato.
L’istanza di ricusazione è stata depositata in Corte d’appello a L’Aquila e in Corte d’assise a Chieti. Il 9 febbraio era stato accettato il rito abbreviato per i 19 imputati. Poi le dichiarazioni del magistrato, che per i legali rappresentano motivo sufficiente per rifiutare il suo giudizio. Agli imputati vengono ascritti reati come avvelenamento doloso delle acque, causato dalle discariche, le più grandi d’Europa, della ex Montedison di Bussi, e disastro colposo.
Il retroscena. Il processo, protrattosi per tempi lunghissimi nella fase preliminare, andava verso la prescrizione e per molti era proprio questo l’obiettivo. Il rito abbreviato consente la celebrazione, ma la sentenza deve essere emanata in tempi rapidi. La richiesta di ricusazione rimette tutto in bilico e si torna al rischio di vanificare l’azione giudiziaria.
Recenti sviluppi dell’inchiesta, con nuovi indagati, riguardano la mancata bonifica di vaste aree attorno allo stabilimento di Bussi che è accusato di aver alimentato la discarica nel corso degli anni. In pratica, tutti i veleni, a tonnellate, sono dov’erano, gli enti ne sono a conoscenza (Provincia di Pescara, ARTA, Ministero dell’ambiente) e non è stato mosso un dito per rendere meno tossica la zona. E’ sempre possibile l’avvelenamento delle acque sotterranee. Sono trascorsi sette anni e non è cambiato nulla: unico risultato, un processo che torna a rischio. E una somma enorme per una reale bonifica, che comunque durerebbe anni. Si parla di centinaia di milioni, e ce ne sarebbero solo una cinquantina. Forse.
Il peggio del peggio, nell’Abruzzo “regione verde d’Europa”. Di rabbia, s’intende. O rossa di vergogna, il che sarebbe più giusto.
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