Morto ex procuratore L’Aquila Tragnone – Arrestò la giunta regionale Salini nel 1992
Chieti – E’ morto in una clinica di Chieti, all’eta’ di 56 anni, Fabrizio Tragnone, Procuratore capo di Pesaro-Urbino che, il 29 settembre del 1992, arresto’ l’intera giunta regionale abruzzese, presieduta dal democristiano Rocco Salini. Tragnone, che all’epoca dell’arresto della Giunta Salini, era sostituto procuratore della Repubblica all’Aquila, era nato a Chieti. Successivamente al tribunale dell’Aquila era stato pm in Sardegna ed aveva ricoperto un incarico alla Corte d’Appello di Ancona, prima di essere nominato Procuratore Capo di Pesaro-Urbino.
Insieme con il gip Romolo Como, Tragnone condusse in porto l’inchiesta più eclatante della storia giudiziaria abruzzese, quella sulla giunta regionale in carica nei primi anni Novanta, guidata da Rocco Salini, l’unico alla fine condannato di tutti gli arrestati da Tragnone. Nel corso del lungo iter giudiziario fino al processo, infatti, alcuni reati tra quelli ascritti agli arrestati erano stati depenalizzati o attenuati dal legislatore.
I cronisti che seguirono la vicenda giudiziaria del 1992 ricordano, a L’Aquila e altrove, il magistrato silenzioso, severo, contrario alle interviste e alle dichiarazioni alla stampa, abitualmente fumatore di pipa. Era giovane, allora, il dr. Tragnone che ogni giornalista avrebbe desiderato intervistare nel bailamme che gli arresti suscitarono in tutta Italia, con il consueto fortunale mediatico di dichiarazioni, interventi, prese di posizione di tutte le parti politiche. Tutti parlavano, spesso anche a vanvera, meno Tragnone che, in udienza, condusse inflessibile la requisitoria costruita su atti, carte, elementi a suo giudizio probanti: nessuna retorica, solo atti giudiziari. La sentenza non fu favorevole all’accusa. Nessun commento dalla Procura dell’Aquila. In appello, una condanna, per Rocco Salini, che in seguito non impedì all’importante politico teramano di proseguire il suo cammino. Divenne senatore. Tragnone, titolare anche di altre inchieste “toste” che puntavano in alto, rappresentava quell’icona del magistrato che non guarda in faccia nessuno, cara al bisogno popolare di giustizia e di perseguimento dei disonesti, che è quasi sempre un’illusione, perchè la politica – spesso anche se non sempre – sa difendersi e, all’occorrenza, toglie di mezzo le leggi che la minacciano. E’ successo, succede e succederà in un’Italia che non brilla come paese equo e giusto. Tragnone lasciò L’Aquila di sua volontà , cercando altrove spazio per la sua preparazione giuridica eccezionale e per il suo modo di lavorare. Oggi lascia tutto il resto, prematuramente, e in tanti pensano a lui, lo rimpiangono, perchè di magistrati coraggiosi, anche duri se occorre, c’è un gran bisogno. Specie quando, come Fabrizio, badano al sodo e non amano la ribalta.
(Nella foto:<strong> Fabrizio Tragnone)
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