Una storia italiana: 7 secondi e dopo la ragion di stato


Il 3 febbraio 1998 alle ore 15:13 un aereo militare statunitense del Corpo dei Marines con al comando del capitano Richard Ashby, decollato dalla base aerea di Aviano per un volo di addestramento a bassa quota, tranciò le funi del tronco inferiore della funivia di Cavalese. La cabina, al cui interno si trovavano venti persone, che stavano serenamente sciando, sul Cermis, precipitò da un’altezza di circa 150 metri schiantandosi al suolo dopo un volo di 7 secondi. L’aereo, danneggiato all’ala e alla coda, fece ritorno alla base.
Nella strage morirono 19 passeggeri e il manovratore: tre italiani, sette tedeschi, cinque belgi, due polacchi, due austriaci e un olandese. Il presidente degli Stati Uniti d’America all’epoca dei fatti era Bill Clinton il quale si scusò per l’incidente alcuni giorni dopo. La magistratura italiana chiese di processare i quattro membri dell’equipaggio ma in base alla Convenzione di Londra del 1951 il processo ai soldati statunitensi coinvolti nella strage spettava al paese d’appartenenza degli stessi, e quindi agli Stati Uniti. Il primo ministro italiano all’epoca dei fatti era Romano Prodi il quale si dimise il 9 ottobre del 1998 lasciando il governo a Massimo D’Alema che chiese formalmente agli Stati Uniti di rinunciare alla giurisdizione sui quattro membri dell’equipaggio. Alla fine il processo si celebrò in America a Camp Lejeune nella Carolina del Nord. La Corte militare accertò che le mappe di bordo non segnalavano i cavi della funivia e che l’EA-6B stava volando più velocemente e a una quota molto minore di quanto permesso dalle norme militari. Le prescrizioni in vigore al tempo dell’incidente imponevano infatti un’altezza di volo di almeno 2000 piedi (609,6 m). Il pilota dichiarò che egli riteneva che l’altezza di volo minima fosse di 1000 piedi (304,8 m). Il cavo fu tranciato ad un’altezza di 360 piedi (110 m). Il pilota sostenne che l’altimetro dell’aereo era mal funzionante e affermò di non essere stato a conoscenza delle restrizioni di velocità. Nel marzo del 1999 la giuria assolse Ashby, provocando l’indignazione dell’opinione pubblica italiana ed europea. Anche le accuse di omicidio colposo nei confronti di Schweitzer non ebbero seguito. I due piloti furono invece processati per intralcio alla giustizia avendo distrutto un nastro video registrato durante il volo nel giorno della tragedia. Per tale capo d’accusa furono riconosciuti colpevoli nel maggio del 1999. Entrambi furono degradati e rimossi dal servizio. Il pilota fu inoltre condannato a sei mesi di detenzione, ma fu rilasciato dopo quattro mesi e mezzo per buona condotta. Un recente documentario di National Geographic, ha fatto luce su molti altri punti oscuri della tragedia. E’ emerso chiaramente che la giustizia non c’è stata, sepolta dalla ragione di Stato. Di quei venti uomini, donne e ragazzi morti mentre andavano a sciare per una folle esercitazione bellica, non è importato a nessuno come sarebbe stato giusto attraverso la ricerca della verità e la conseguente assunzione delle responsabilità. Le autorità americane non sono risultate determinate nel punire i responsabili ma hanno puntato da subito e raggiunto gli obiettivi di tenere alto l’onore dei Marines a cui apparteneva l’equipaggio e sopire le attenzioni italiane per evitare di perdere la base di Aviano.
Un investigatore americano appartenente al Naval investigative criminal service (il reparto federale che indaga sui crimini della Marina statunitense reso celebre dalla serie televisiva Ncis) prima incaricato di investigare e poi rimosso dal caso in questione, in riferimento al video distrutto dai piloti una volta rientrati alla base ha affermato: «A noi insegnano che se viene distrutta una prova, ciò dimostra la colpevolezza».

LE VITTIME
Hadewich Antonissen (24, Vechelderzande), belga;
Stefan Bekaert (28, Lovanio), belga;
Dieter Frank Blumenfeld (47, Burgstädt), tedesco;
Rose-Marie Eyskens (24, Kalmthout), belga;
Danielle Groenleer (20, Apeldoorn), olandese;
Michael Pötschke (28, Burgstädt), tedesco;
Egon Uwe Renkewitz (47, Burgstädt), tedesco;
Marina Mandy Renkewitz (24, Burgstädt), tedesca;
Maria Steiner-Stampfl (61, Bressanone), italiana;
Ewa Strzelczyk (37, Gliwice), polacca;
Philip Strzelczyk (14, Gliwice), polacco;
Annelie (Wessig) Urban (41, Burgstädt), tedesca;
Harald Urban (41, Burgstädt), tedesco
Sebastian Van den Heede (27, Bruges), belga;
Marcello Vanzo (56, Cavalese), manovratore della Cabina in discesa, italiano;
Stefaan Vermander (27, Assebroek), belga;
Anton Voglsang (35, Vienna), austriaco;
Sonja Weinhofer (22, nata a Monaco, domiciliata a Vienna), austriaca;
Jürgen Wunderlich (44, Burgstädt), tedesco;
Edeltraud Zanon-Werth (56, nata ad Innsbruck, residente a Bressanone), italiana.


03 Febbraio 2014

Categoria : Storia & Cultura
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