Il terremoto “gemello” di quella Candelora


L’Aquila – di GIANFRANCO COLACITO - (Immagine: la mappa degli epicentri del 1703 – segnali aree raccolta – l’area epicentrale del 2009, presso Roio) - Il terremoto del 1703, che semidistrusse L’Aquila e buona parte del suo circondario, fu “gemello”, ma non di quello del 2009, come si è spesso sentito dire, bensì di quello di pochi giorni prima. Insomma, doppio. Tutti ricordano il 2 febbraio, perché la scossa di mezzogiorno, con epicentro secondo alcune fonti a ovest di Cagnano Amiterno (praticamente nell’altopiano di Cascina), fu fortissima anche a L’Aquila, con magnitudine locale stimata in 6,7. Ma il 14 gennaio, due settimane prima, c’era stata una scossa più forte, ml 6,8, con epicentro diverso tra Montereale (paese distrutto) e Amatrice. Gemelli, dunque, i due terremoti, ma tra loro e con rispetto al 2009, quando la magnitudine locale fu molto meno forte (5,8) e la magnitudine momento 6,3.

CANDELORA – E’ alla Candelora che si ricorda quell’evento devastante datato 1703, che cambiò la storia aquilana e fece di una città sostanzialmente medievale, un abitato quasi del tutto settecentesco, durato fino all’aprile 2009 e oggi ri-devastato profondamente. Il pochissimo che si è ricostruito riproduce estetica e strutture precedenti, quindi bisogna ritenere che fra molti anni il centro avrà lo stesso aspetto che aveva? E’ solo un’ipotesi, visto che non vi sono certezze ma soprattutto non si possono prevedere tempi accettabili. Chi vivrà vedrà. E in tanti, per il momento, hanno perso la speranza che possa esserci una ricostruzione. Si va avanti a spizzichi e bocconi.

LE DIFFERENZE – Tra il 1703 e il 2009 tante differenze. L’Appennino ha caratteristiche analoghe, dunque si ripetono sempre sequenze di scosse precedenti quelle forti, e sciami successi. Le magnitudini finora note portano a pensare che il 7 Richter circa di Avezzano, 1915, sia stata la più forte scossa in Abruzzo. Le valutazioni delle magnitudini di sismi nei secoli scorsi sono sempre approssimative e desunte. Le case erano fatte diversamente. Studi scientifici non esistevano, si andava ad intuito, ma la devastazioni erano ugualmente estese.
Le differenze però ci sono. Nel 1703, si erano avute scosse nei mesi precedenti, molte e anche forti. Una trentina di anni prima, due scosse forti a Nord dell’Aquila. Ma ai primi dell’anno, avvenne qualcosa di diverso: due fortissime scosse (14 gennaio e 2 febbraio) a 16 giorni di distanza, e poi ancora molti terremoti per due anni. Ce si sappia, non c’era mai stato un forte sisma doppio prima e non ce n’è stato un altro dopo.

APRILE 2009 – Nell’aprile 2009 a L’Aquila si ebbero molte altre scosse forti dopo le 3 e 32, ma nessuna o appena un paio i fino al 5 Richter. Scosse decrescenti, quindi, e frequenza decrescente. Così avviene di solito in Appennino. Pochi anni dopo, nel 1706, vi fu un altro terremoto fino al 6 Richter, epicentro la Maiella, danni e terrore a Sulmona e altrove. Si ebbe una sola scossa molto forte, non un doppione come nel 1703. Nella storia umbro-sabino-abruzzese ci sono stati diversi altri terremoti rilevanti, a cominciare da quello 6,6 Richter tra Sabina e Aquilano nel 174 a.C. Sempre che si sappia scosse forti uniche. Nel 1950, settembre, si ebbe un sisma 5,4 Richter con epicentro a Campotosto, anche quello scossa forte unica seguita da un lungo sciame. Un terremoto dimenticato a L’Aquila, benché forte, che avrebbe dovuto indurre a una ben maggiore prudenza nel 2009 e soprattutto ad una serie di azioni preventive mai avvenute. Un discorso che scotta e scotterà sempre.

GAS E ODORI – Con il sisma del gennaio-febbraio 1703, avvennero fenomeni in seguito non riscontrati. Ne parla lo storico Antinori, che racconta di gas dalle spaccature del suolo, odori nauseanti e acque ribollenti sempre per bolle di gas ipogeo. Un altro testo racconta di pozzanghere e laghetti di acque maleodoranti (zolfo?) formatisi in varie zone dell’Aquilano e presso Antrodoco. C’è chi racconta, come nella Marsica, di gas che si incendiavano in campagna, di cupi e profondi brotolii (il boato), noti anche perchè descritti da Seneca per altri terremoti: “Antequam terra amoveatur solet mugitus audiri”.
Nel 2009, si è molto parlato di luci sismiche, lampi prima delle 3 e 32, cieli con sfumature rosate e blu scuro al tramonto: effetti delle luci sismiche oggi accettati dalla scienza e studiati. Scariche elettriche dalle faglie in attività? Effetto piezoelettrico di fronti rocciosi che si strofinano e comprimono?

NUOVA SOCIETA’ – Sta accadendo in questi anni: il tessuto sociale aquilano cambia, molti vanno via, molti arrivano, e tra loro numerosi sono gli stranieri. Tecnici e operai, imprese e ditte, marchi commerciali, tutta una pletora di affaristi in cerca di lucro dalle risorse della ricostruzione. Infiltrazioni malavitose sempre incombenti.
Nel 1703, la città dapprima si spopolò, poi arrivarono orde di poveri provenienti dal contado devastato, e quindi i ricchi per ricostruire e combinare affari, edificare palazzi e residenze, imbastire commerci e traffici. E’ la trama di ogni storia nelle distruzioni, dopo le guerre, dopo i violenti e profondi cambiamenti sociali ed economici. Difficilmente si sa cogliere l’occasione per diventare migliori, evolversi. A L’Aquila qualcosa sta avvenendo, e non è tutto negativo. Basta pensare alle rivoluzioni nella viabilità, attese da decenni, o all’aeroporto, potenziato e dotato di strade, benché ancora morto e immobile.


02 Febbraio 2014

Categoria : Storia & Cultura
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