Se sei innocente, te la fanno pagare…
Tra Inghilterra e Italia ci sono differenze. E non sono solo la nebbia lassù, e il Sole quaggiù. O la Regina e il Presidente Napolitano. Una sta emergendo gigantesca tra la vicenda dell’aquilano Giulio Petrilli a quella di alcuni esponenti dell’IRA. Il primo fu tenuto in galera per 5 anni e 9 mesi, con accuse riguardanti l’eversione, e poi assolto totalmente. I britannici furono tenuti in galera anche loro degli anni, poi assolti, ma risarciti con sostanziosa entità economica. Blair, ex premier inglese, disse che niente avrebbe potuto ripagare una ingiusta detenzione. Ma le sterline, in qualche modo, male non fecero.
Petrilli non riesce, invece, a farsi risarcire. Neppure un euro. Corti e tribunali gli negano – codici alla mano – il diritto ad esserlo, perché l’Italia è fatta così, cioè diversamente dalla Gran Bretagna. Lì lo Stato che sbaglia, viene condannato da un giudice in parrucca, perché a nessuno passa per la mente che un innocente possa mai subire il peggiore dei torti. Qui, invece, la storia di Petrilli (e chi sa di quanti altri) neppure compare sui giornali: è pane quotidiano, non indigna. Forse perché lassù tra le nebbie hanno secoli di democrazia radicata, entrata nel DNA, mentre noi ne abbiamo una giovanissima, malferma, non appartenente alle convinzioni fondamentali di un popolo ineducato. Tant’è vero che nelle scuole non si insegna manco una parola di diritto e la Costituzione non è tra i libri di testo. Né si trova nella maggior parte delle case. Per noi, democrazia è andare a votare, magari con regole chiamate Porcellum, così tanto per gradire l’eleganza lessicale. Che è suburra lessicale. O sconcia baraonda parlamentare. Forse Petrilli avrebbe preferito nascere inglese, chi sa. Certo che, a ben riflettere, è dura nascere italiano. Restarci ancora di più. Eppure, un tempo questo paese lo amavamo in tanti. Un amore deluso e tradito. E un monito: non essere innocente, in Italia, mai. Te la farebbero pagare.
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