Archeologia preventiva, Porta Barete
L’Aquila – di MARIA RITA ACONE, archeoclub L’Aquila –
Con gli interventi privati e pubblici su edifici, chiese e monumenti del Centro Storico, si pone con un’amplificazione non comune ad altre situazioni italiane la necessità di interventi di archeologia preventiva in ambito urbano. Con questo termine viene semplicemente individuata, in base a specifiche normative, la ricerca archeologica obbligatoria per le strutture pubbliche da effettuare per poter valutare la presenza di siti archeologici e/o il rischio che le nuove costruzioni hanno di intercettare resti antichi.
E’ di chiara evidenza che in una città come L’Aquila con una storia plurisecolare ancora non del tutto nota e con le numerose ricostruzioni conseguenza dei numerosi terremoti che nei secoli l’hanno colpita, la possibilità di riscoprire strutture antiche di interesse storico-archeologico è quanto meno elevata.
Del resto alcuni esempi sono già noti: basti pensare a quanto riscoperto tra le macerie di alcune importanti chiese cittadine (S. Massimo, S.ta Maria di Collemaggio, S.ta Maria Paganica, S.ta Giusta) o a strutture murarie evidenziate durante alcuni scavi relativi alle fondazioni di palazzi cittadini o ancora a cavità e cunicoli in parte naturali e in parte antropici che sono stati rilevati da scavi per fondazioni e da rilievi geologici.
Il nostro sottosuolo è in conclusione certamente ricco di strutture che dovranno essere evidenziate e studiate nel corso della ricostruzione.
Un esempio è quello relativo a Porta Barete. E’ infatti notizia di queste settimane il ritrovamento da parte degli archeologi della Soprintendenza, durante uno scavo per la ricostruzione di un palazzo, di strutture murarie nei pressi dell’antiporta ancora esistente che dovranno essere studiate e salvaguardate. A tal proposito è necessario sottolineare quanto in questi casi sia importante la collaborazione tra tutti coloro che hanno la professionalità necessaria e a L’Aquila, oltre a quanto messo in campo dalla competente Soprintendenza, ricordiamo che esistono già sudi sistematici sulle strutture medievali portati avanti negli anni dalla cattedra di Archeologia Medievale diretta dal prof. Fabio Redi che certamente, con i suoi collaboratori, potrà supportare efficacemente tale tipo di ricerche.
Un’attività di ampia portata e impegnativa dunque che dovrà rendere possibile lo studio dei siti e la loro eventuale salvaguardia, che deve e dovrà essere integrata nei processi ricostruttivi e che avrà bisogno di tutte le professionalità presenti in città appartenenti alle Istituzioni preposte, ma anche all’Università e ai tanti archeologi che vi si sono formati e che al momento lavorano in modo discontinuo o addirittura altrove.
Questo aspetto della ricostruzione potrà sembrare a molti secondario rispetto ai tanti problemi che la nostra città deve affrontare ma, oltre alle normative da rispettare, sono evidenti l’occasione storica che la città ha per «conoscersi» meglio e l’interesse legato alla conoscenza delle strutture e quindi anche della loro sicurezza, così come è evidente la possibilità per molti professionisti di mettere finalmente a disposizione della Comunità le loro conoscenze e capacità lavorative.
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