Il tracollo della Città della Cultura


L’Aquila – Riceviamo da Edi: “L’ennessima vicenda giudiziaria sul capoluogo – benché tutta da dimostrare come sosterrebbero gli accusati – ha una sola spiegazione: la mancanza di cultura. Non solo una trasparente ed ordinata cultura politica e amministrativa, ma “Cultura” vera quella che ha fatto grande la città nella prima metà del secolo alle nostre spalle, fino agli anni Sessanta, con Rivera e Pischedda (l’Università), con Carloni (la Società dei Concerti), con i Ciarletta (Università, Salotti Letterari italiani, Cinema), con la Bonanni (nei prestigiosi premi letterari mondiali), Colapietra (lo storico per eccellenza), Clementi (Deputazione di Storia Patria negli Abruzzi), da Delocu a Moretti (Soprintendenze ai Beni Culturali), da Gonfalonieri a Martini (indimenticabili arcivescovi), da Marinangeli- Graziani-Lemme-Casimiro Centi-Giovanni (Ordine francescano), Celaia-Carli-Mari-Manilla (giornalisti avveduti e di alta razza professionale).
Se qualche altro nome sfugge al ricordo ciò che va sottolineato, per quanto possa apparire strano, è che la nascita delle istituzioni post anni Sessanta e la graduale e successiva politicizzazione delle stesse sono la causa del degrado che oggi la politica offre ai nostri occhi. Ciò che doveva essere motivo di controllo del denaro pubblico finalizzato all’effettiva crescita o mantenimento di un primato culturale a livello locale, regionale e nazionale, si è trasformato in occasioni di interessi economici personali o elettorali della classe politica in grado di ridurre al silenzio quell’unico organo di controllo che, la stessa aveva voluto, ovvero il difensore civico. Eccoci, allora, di fronte al nuovo assunto: c’era una volta il TSA, c’era una volta Lanterna Magica o Accademia dell’Immagine, c’era una volta la “Perdonanza”. Esempi per un’opportuna riflessione.
Subissato dai debiti (il TSA), l’Ente Regione, assicurò il salvataggio con il decentramento e spezzettamento dell’istituzione a livello regionale (con benefici per politici). Quanto alla seconda è ancora aperto il caso dei debiti che ancora non è chiaro chi dovrebbe realmente pagarli al posto del “dimissionario” Cialente e per quale effettiva produzizone culturale (per soddisfare, insomma, quale cultura). La “Perdonanza” poi ha offerto lavoro continuo alla Magistratura e resta la “borza” a disposizione dei politici per amministratori che sono, di fatto, amici di un’assetto culturale “politicizzato”. Eravamo in sintonia con Sgarbi o con Toscani allorché nelle loro visite alle macerie, prendevano atto che non vi erano elementi a sostegno della candidatura della Città a “Capitale Europea della Cultura”.
Invece, dal Palazzo di Città, nel solito commento del giorno dopo, si è affermato: “Rifiutiamo la bocciatura e proseguiamo per conto nostro”. Infine il nuovo spettacolo dal Palazzo di Città: dopo 19 giorni di astensione, Cialente ha detto basta allo “sciopero della fame”. Furbescamente ha ritirato le dimissioni, ha chiamato al proprio fianco il Procuratore della Repubblica in pensione. Tutto al contrario di quanto accaduto nella Regione dove, lo scandalo che ha colpito l’Assessorato per Promozione Culturale, è stato risolto senza le dimissioni del Governatore che, pur di salvare l’Ufficio Aquilano, ha nominato una nuova triade (ovviamente non aquilana) e manda le pratiche (culturali) in quel di Pescara per le decisioni. Un’altra tegola sul Capoluogo? Certamente… profittandosi del del recitivo “dimissionario” nel Palazzo di Città.


25 Gennaio 2014

Categoria : Storia & Cultura
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