Morte sospetta del paziente, autopsia negata: indagati sei medici dell’ospedale di Chieti


Lanciano – Operato, e rioperato, d’urgenza, il giorno successivo, a causa di un’emorragia interna che si era manifestata durante la notte. Dopo il secondo intervento non ha piu’ ripreso conoscenza. Nicola Memmo, 72 anni, pensionato, ex imprenditore di Lanciano, conosciutissimo in citta’, e’ andato a mano a mano peggiorando fino a morire, il 23 settembre scorso. Per quel decesso sono ora inquisiti, per omicidio colposo, 6 medici dell’ospedale di Chieti. Sono i figli dell’uomo, Paolo, Francesca a Dino, e un nipote, ora, a raccontare la storia. Figli che, tra l’altro, si chiedono e chiedono, alla magistratura, come mai a 4 mesi dalla scomparsa del genitore, non si riesca ancora a portare a termine l’autopsia.
“Quando nostro padre e’ morto – spiegano in un’intervista rilasciata ad Abruzzolive.tv – la Procura di Chieti, e in particolare il sostituto procuratore Giuseppe Falasca, ha aperto subito un’inchiesta. Sono state bloccate e sequestrate le cartelle cliniche ed e’ stata disposta l’autopsia. Che e’ cominciata, regolarmente, ma non e’ stata mai conclusa”. Al defunto sono stati asportati alcuni organi, cuore e un polmone – quello che sembrava malato e per cui era stato ricoverato – da analizzare successivamente. “Ma sono passate settimane e settimane – spiegano i figli – e quegli organi non sono stati ancora esaminati: giacciono in un frigorifero. E’ assurdo, quanto tempo dobbiamo ancora attendere per vedere chiuse le analisi?” “Abbiamo piu’ volte sollecitato il pm – aggiunge l’avvocato della famiglia, Vittorio Battistella, del foro di Lanciano – ma non si e’ mosso nulla. Vorremo capire quali sono gli impedimenti. Gradiremmo chiarimenti e un’accelerazione, in questa vicenda”. Nicola Memmo aveva un po’ di dolori ad una gamba e, per cio’, aveva preso in considerazione l’idea di sottoporsi ad un’intervento all’anca. “Durante gli accertamenti – raccontano i figli sempre ad Abruzzolive.tv – per caso i medici hanno notato ‘una sacca di liquido’ attaccata ad un polmone”. Sono stati interpellati gli specialisti che hanno concluso che dovevano “aprirlo per capire di cosa realmente si trattasse”. “Forse hanno agito un po’ frettolosamente – riferisce la famiglia – forse avrebbero dovuto approfondire meglio. Temevano, comunque, che si trattasse di un tumore”. Diagnosi incerta e dunque l’anziano e’ finito sotto i ferri. Il 18 settembre scorso e’ stato ricoverato a Chieti, all’ospedale clinicizzato, in chirurgia. Il 19 e’ stato operato al torace. Dopo l’intervento, le rassicurazioni dei dottori. “Ci hanno detto che era tutto a posto, che non c’era nulla da temere e che la sacca di liquido che avevano trovato era in realta’ in regressione”. Memmo ha ripreso conoscenza, ma nelle ore seguenti le prime complicazioni e un’emorragia che, il 20 settembre, ha costretto i medici a portarlo di nuovo in sala operatoria. E da li’ e’ iniziato lo strazio. Perche’ il paziente si e’ aggravato fino a morire tre giorni dopo, all’una di notte. I congiunti, addolorati e al contempo inferociti, quella stessa mattina hanno interpellato il loro legale e sporto denuncia, negli uffici di polizia giudiziaria della Procura. Che si e’ messa in moto immediatamente, con l’acquisizione dei documenti sanitari. Ora sono indagati in sei, a vario titolo. “Chiediamo chiarezza – concludono i figli – e che si affretti la conclusione dell’autopsia”.


22 Gennaio 2014

Categoria : Cronaca
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