Do ut des, finiti arresti domiciliari
L’Aquila – (Foto: Tancredi e Placidi) - Inchiesta Do ut des, tornati in libertà i quattro che erano ai domiciliari, Pierluigi Tancredi, ex assessore di Forza Italia ed ex consigliere comunale del Pdl al quale il sindaco dimissionario Massimo Cialente aveva affidato per un brevissimo tempo la delega per il recupero e la salvaguardia dei beni costituenti il patrimonio artistico della citta’; Daniela Sibilla, dipendente del consorzio dei beni culturali, considerata “braccio destro” di Tancredi; Vladimiro Placidi, all’epoca dei fatti, tra il 2009 e il 2011, assessore comunale alla ricostruzione dei beni culturali e direttore del Consorzio dei beni culturali della Provincia dell’Aquila; Pasqualino Macera, gia’ funzionario responsabile Centro-Italia della Mercatone Uno spa. I quattro, assieme ad altrettanti indagati a piede libero, sono accusati, a vario titolo, di corruzione, millantato credito, falsita’ materiale e ideologica, appropriazione indebita. “La Procura della Repubblica dell’Aquila – scrive in una nota il procuratore capo Fausto Cardella, ha usato le misure cautelari come estrema ratio, in quanto necessarie a garantire il compimento di attivita’ investigative, compiute le quali, i sostituti procuratori della Repubblica, Antonietta Picardi e David Mancini, d’intesa con il procuratore, hanno chiesto la revoca delle stesse pur in presenza di un confermato quadro indiziario”. Nella vicenda sono soltanto indagati il grande accusatore Daniele Lago, titolare della ditta Steda di Bassano del Grappa che avrebbe pagato tangenti per avere appalti, l’ex vicesindaco Roberto Riga, il dirigente comunale Mario Di Gregorio e l’ingegnere umbro Fabrizio Menesto’, all’epoca dei fatti direttore e progettista dei lavori per le opere provvisionali di messa in sicurezza di palazzo Carli, sede del rettorato dell’Universita’ dell’Aquila.
La Procura ha interrogato a lungo i quattro, e ritiene evidentemente che tenerli ai domiciliari non occorra più. La legge parla di misure restrittive della libertà quando c’è pericolo di fuga, pericolo di inquinamento delle prove, pericolo di reiterazione dei reati contestati. Tre ipotesi che, nel caso, non esistono più, una volta sentiti gli indagati e raccolte le prove e le carte, ma soprattutto le intercettazioni telefoniche, che oggi costituiscono il pezzo forte di ogni inchiesta.
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