E adesso cervello e calma
Massimo Cialente merita umanamente comprensione e vicinanza. Nessuno potrà negare che dal 2009 ad oggi si è speso con tutte le sue forze attingendo ad ogni possibile energia. Come sindaco, come tutti i sindaci, è ormai nella storia della città , e anche nel momento più difficile di tale storia. Lontani da ogni giudizio politico, tentiamo di capire il suo dramma, rispettiamo anche il suo silenzio e la sua amarezza. Si sente un ostacolo. Ha capito che Roma lo ha messo nel mirino, perché ha alzato la voce ed ha spesso urlato. Per la sua città . Se ne va, e difficilmente ci ripenserà . Adesso L’Aquila deve usare cervello e restare calma. Davvero, a questo punto, in ballo è il suo futuro, più ancora il suo presente. Sul tavolo verde c’è tutto: si gioca di resto, compresi i gioielli di famiglia.
Non siamo dei politici, non capiamo la politica, perché per noi contano più i valori umani che gli appetiti e il potere, anche se forse siamo in errore. Ma ognuno è com’è. Probabilmente, siamo fuori dal tempo attuale. Non è un cruccio. Diciamo la nostra.
La politica deve far ricorso a tutta la sua intelligenza, ed esprimere sia a destra che a sinistra il meglio che può. Possibilmente anche nomi e volti nuovi. Intelligenze collaudate. Persone per bene. O usare chi ha dato indubitabili prove del proprio valore. La campagna elettorale non potrà essere la solita indecorosa corsa alla poltrona, per poter comandare e inforchettare potere. Chi decide esprima il meglio, adoperi gli indispensabili, separi il grano dal loglio. Vale sempre, stavolta per L’Aquila è vitale.
Avremo da combattere contro una Roma ostile o contro bucanieri arruffoni, personaggi che rimescolano tutto senza cambiare niente. Ciò che è successo non poteva succedere se i poteri romani non fossero stati in qualche modo d’accordo. I silenzi di Letta di fronte alla disperata retromarcia di Cialente non convincono. A qualcuno fa comodo che il sindaco ribelle non ci sia più: forse è il solo argomento per indurre l’ex sindaco e togliere l’ex. Suonino le campane, ci si mobiliti, l’ora è grave. Ci sono uno, dieci, cento Trigilia acquattati per ghermire, e un’opinione pubblica che ce l’ha con L’Aquila. Che, a qualsiasi prezzo e costo, deve vivere. Deve urlare il proprio diritto di esserci. Nell’Italia non abbiamo, ultimamente, gran fiducia. Ma che possa gettare dalla rupe una sua parte, per cinismo o in base a equivoci, non vorremmo crederci. Sarebbe innaturale e ignominioso.
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