1915, 99 anni ma poco è cambiato


(di Claudio Panone) – IL MODO DI AFFRONTARE IL PROBLEMA TERREMOTO E’ SEMPRE LO STESSO – “ ….. Alla stazione di Sante Marie, il treno 611 di transito nella Marsica non arrivava, era il 13 gennaio del
1915 e quel treno non giunse mai , era deragliato a Paterno alle ore 7:52. Fu proprio da Sante Marie che
poi partì il primo degli spacci redatto dall’agenzia Stefani attraverso il quale si cominciò a sapere ….

— Il 13 gennaio accade qualcosa di inatteso, incontrollabile, feroce, per cui si arresta quel treno, si ferma
la vita, si frattura e si interrompe la storia e con essa le storie, quando poi si riprendono il loro cammino,
si porteranno dietro sempre quel giorno … “

Il 13 gennaio del 1915 un violento terremoto (Ml 6.8 – Mercalli XI )gettò nella desolazione e nel lutto la
Marsica e l’Abruzzo intero. La scossa fu avvertita in tutta l’Italia centrale. Per l’estensione dell’area di
influenza, per il numero di vittime (33000) e dei feriti, per la distruzione dei centri abitati, rappresenta il
terremoto più violento, in Italia, del XX secolo, superato solo dal terremoto di Messina del 28 dicembre
1908 (oltre centomila vittime).

Così descrisse l’evento G. De Simoni: “ Era la terra della bellezza e della semplicità ed è divenuta la terra
della morte e del dolore; era la regione della serenità e della calma ed è divenuta quella del lutto e dello
strazio. La tristezza vi si è distesa intorno con veste funerea. Un destino di una brutalità feroce l’ha
colpita, l’ha penalizzata con rabbia, distruggendo senza risparmiare, frantumando, livellando
terribilmente, in un attimo. Dove era la vita sono le macerie, dove ferveva il lavoro la sciagura violenta
ha formato un vasto cimitero, che si spalanca pauroso in una sola enorme tomba.

Era nel mezzo della penisola come il grande cuore d’Italia e in quelle contrade vivevano genti sane, con
austerità, isolate, avvolte quasi nell’aura di leggenda e di fatalismo che avevano qualcosa di mistero, con
una compostezza mite e rassegnata in un’infinita pace che piaceva e si ricercava.
Quel senso mistico di pace si rispandeva nell’aria attraverso la maestà delle montagne, nella
ombreggiata quiete dei boschi folti, lungo le valli solcate dai fiumi profondi e che le alluvioni ed i turbini,
le furie delle frane, gli impeti dei venti non avevano potenza di turbare.

Quelle popolazioni erano forti contro tutte le inclemenze; sembrava che le sfidassero e che in esse
ingagliardissero le multiformi energie, e sono state schiacciate sotto il peso mostruoso delle pietre delle
loro case nelle quali vivevano con i ricordi nell’intimità che rende patriarcale la famiglia e che
rappresentava nelle grandi linee del suo carattere fisico e morale la vivace razza d’Abruzzo così pensosa
intorno alle montagne d’ onde scendono perenni i fiumi all’Adriatico la poesia delle leggende e l’acqua
delle nevi …

Per richiamare l’attenzione dell’Italia e del Governo è venuto il flagello tremendo. Quelle popolazioni non
avevano mai chiesto nulla per loro ed oggi l’eco angosciosa della loro agonia solleva la discussione sui
molti problemi e su quello della viabilità principalmente. Esisteva una sola linea ferroviaria e si è
dimostrato che paralizzandola si metteva fra l’Abruzzo aquilano ed il resto del mondo un deserto di
ventiquattro ore! ….”.
Nella cultura popolare il terremoto è stato accettato in maniera fatalistica poiché evento naturale
imprevedibile e come tale inevitabile. Lo stesso Ignazio Silone, dopo l’evento, lo considera addirittura
come strumento di giustizia: “Nel terremoto morivano ricchi e poveri, istruiti e analfabeti, autorità e
sudditi. Nel terremoto la natura realizzava quello che la legge a parole prometteva e nei fatti non
manteneva: l’uguaglianza …”.

La Natura, però, non è mai tanto cattiva quanto può esserlo l’Uomo. L’Uomo che spesso si rende
protagonista di scelte irresponsabili e scellerate, capaci di minare tragicamente la sua stessa esistenza.
L’evento naturale può essere mitigato attraverso la prevenzione: la prevenzione antisismica è difficile,

complessa e costosa, ma non impossibile ed è la sola via per ottenere risultati immediati, positivi e
tangibili.

I forti terremoti abruzzesi, purtroppo, non sono stati per noi d’insegnamento per fare meglio per il futuro
ed è per questo che dovremmo invece prendere d’insegnamento le parole dello scrittore marsicano
Panfilo Gentile: “In trenta secondi possiamo perdere la vita e le ricchezze. Impariamo a vivere
proponendoci scopi che trascendano la nostra vitae le nostre ricchezze: il terremoto non ci torrà più nulla.
Trenta secondi ci avvertono che lo spirito non ha ancora vinto la natura; impariamo a liberarci
dell’impero di una casualità indegna dell’uomo”.

La visita del Papa Benedetto XV


12 Gennaio 2014

Categoria : Storia & Cultura
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