99 anni dalla fine della Marsica, e la rinascita


Avezzano – (di Gianfranco Colacito) – (Foto: in evidenza Avezzano dal Salviano, sotto la devastazione del 1915 e la micidiale faglia del monte Serrone che generò il sisma) – L’altra vita, ma non ancora la rinascita, alle 3 e 32 del 6 aprile 2009 per L’Aquila e il cratere. L’altra vita, e la rinascita oggi ben vigorosa, per Avezzano e tanta parte della Marsica, alle 7 circa del 13 gennaio 1915. Due terremoti dei tanti che punteggiano la vita abruzzese e dell’intero Appennino. Terre che si muovono, inesorabilmente, ogni pacchetto di anni. C’è chi dice 50, 100, 1000 o di più. Il terremoto è sicuramente periodico e di ritorno. Ma, in verità, nessuno può sentenziare con certezza quale sia – zona per zona – il periodo. Fa parte degli enigmi della natura che, ripetendosi, non è detto che lo faccia seguendo dei ritmi per noi comprensibili. La storia sismica sicuramente lo fa pensare. Speriamo che abbia ragione.
Il terremoto aquilano del 2009 (altri catastrofici ce n’erano stati nel 1703 e nel quindicesimo secolo, ma anche nel diciassettesimo e nell’antichità, e nel recente 1950) fu di magnitudine locale 5,8, o di magnitudine momento 6,3: due valori che indicano la stessa forza calcolata con metodi diversi. Chi l’ha vissuto porta impressi per sempre sensazioni e terrori irrefrenabili, profondi. La paura allo stato puro. Fu forte, tremendo, sconquassante, e distrusse il centro storico. Che è ancora lì, distrutto, chiunque può vederlo.
Ebbene, quello di Avezzano nel ’15 fu almeno duecento volte più potente, raggiunse il 7 Richter, o l’undicesimo Mercalli secondo la vecchia scala in disuso. Che ha solo 12 gradi. La Richter invece non ha in altezza un valore limite, è in evoluzione. Pare che il terremoto più forte in tempi moderni, nel mondo, sia arrivato al 9 grado Richter, lungo le Ande cilene. Ma la partita è aperta.
Il terremoto di Avezzano, quindi, fu fortissimo, tremendo, e ormai non c’è più chi lo ricordi “dal vivo”, almeno lucidamente. Sono passati 99 anni e oggi ad Avezzano, presenti il Ministro Quagliariello e il sottosegretario Legnini, con il sindaco Di Pangrazio, si ricorda quella distruzione. Fa parte di una rinascita che nella Marsica c’è stata e ci auguriamo sia sempre più vivace e diffusa. In tempi di crisi, è un augurio fervente che bisogna porgere con convinzione.
Cosa avvenne? In verità, grandi studi non ne sono stati fatti. Prima di quel sisma, la zona era considerata a scarsa sismicità. Ma si terremoti poco se ne sapeva. Delle faglie che la percorrono in ogni direzione si ipotizzava poco o nulla. Oggi – grazie anche a studiosi locali – si pensa che la faglia “colpevole” fu quella di Monte Serrano, a sud della Marsica, non lontano da Gioia, dove i morti furono quasi 3.000. Poco meno 10.000, del resto, ne pianse Avezzano, che contava allora 15.000 residenti.
Oggi sono 43.000, la città non solo è rinata, ma è cresciuta. Sesta in Abruzzo, al centro di un’area di 120.000 abitanti (alla quale vogliono togliere il tribunale, che geni nella politica!). La faglia del Serrano è sotto gli occhi di chi sa guardare la natura. Bianca, taglia il verde della boscaglia, vistosa, lunga e un po’ serpeggiante. Con delle parti di un candore calcareo abbagliante. Due “facciate” di roccia che si spingevano da secoli, e si spezzarono generando il terremoto, avvertito dalla Basilicata all’Emilia, violento e diffuso nell’Italia centrale, con danni gravi anche a Roma, che sempre ha risentito nella storia dei terremoti abruzzesi. Il Colosseo ne porta i segni, ma non solo quell’edificio.
Quel terremoto era in qualche modo atteso?
Certo, vi furono decine di scosse prima e migliaia dopo, per almeno 3 anni. Nel Fucino si raccontava alla fine del 1914 di odori di zolfo, fanghiglia dalla terra, misteriosi fuochi notturni, brontolii, tremori. La gente dei campi impaurita e ignara, temeva punizioni divine e maledizioni. La scienza non diceva nulla. Zona poco sismica, era il verdetto, benché si avesse memoria di sismi fino al 5 Richter qua e là. Normale attività del sottosuolo, fino all’esplosione del gennaio 1915.
Oggi non è che se ne sappia tanto di più, come del resto capita sempre con i terremoti nostrani e nel resto del mondo. La California attende fatalista il big-one, quello forte. Si cerca di affidarsi a questo o a quel segno premonitore. I dilettanti conducono ricerche spesso interessanti. Certezze non ve ne sono. O meglio, ce n’è una: costruire bene. Edificare strutture antisismiche. Avezzano, nel ’15, non era certo antisismica. Neppure L’Aquila storica, del resto: L’elenco degli edifici a rischio crollo c’era e come, ma nei cassetti delle istituzioni. Accuratamente occultato anche se si sapeva da anni persino che il sottosuolo aquilano infonde un’accelerazione sismica elevata, in alcune zone.
Tutto il resto è cronaca.
Avezzano, oggi, decida soprattutto di essere antisismica, di rispondere con il senno e la buona amministrazione alla natura in cui vive. E deve vivere senza incubi né cronache tragiche. Un semplice appunto per il Ministro Quagliariello e il sindaco Di Pangrazio, con tutti i suoi colleghi.


13 Gennaio 2014

Categoria : Cronaca
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