Cyberbullismo, finalmente un Codice: non mancano però dubbi sulla bozza
(di Flavio Colacito – psicopedagogista).C’era una volta il bullismo che divvenne presto cyberbullismo con l’avanzare di internet e dei sistemi di navigazione online sempre più diffusi, modificando anche i registri comportamentali legati alla devianza, anch’essa virtuale, ma non certo meno subdola e pericolosa per l’integrità psicofisica della persona, un fenomeno presente anche in Abruzzo. Sulla scia di rinnovate esigenze, la prima bozza del Codice di Autoregolamentazine per la prevenzione e il contrasto del cyber bullismo ha finalmente visto la luce ed è il risultato del tavolo di lavoro presieduto dal Vice Ministro dello Sviluppo economico Antonio Catricalà che ha visto la partecipazione di varie istituzioni competenti , tra cui Mise, Agcom, Polizia postale e delle comunicazioni, Autorità per la privacy, Garante per l’infanzia e Comitato media e minori, ivi comprese le associazioni di categoria interessate quali Confindustria digitale e Assoprovider i, ma anche gli operatori del settore, tra i quali non potevano mancare Google e Microsoft.Il Codice è composto da cinque articoli ispirati ai recenti fatti di cronaca riguardanti giovanissimi vittime di ingiurie e persecuzioni sulla rete, basandosi sugli assunti posti nella “Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia” (del bambino, se si vuole riportare l’esatta dicitura contenuta nel testo), contemplando misure che i soggetti aderenti volontariamente al codice propongono. Il primo punto pone un interrogativo sul codice: si tratterebbe , effettivamente, di soft law, il cui osservanza è rimandata alla volontà politica delle parti. Nonostante sia previsto un Comitato di controllo presso il Ministero dello Sviluppo Economico (art.5), un gruppo “composto da esperti di comprovata esperienza e professionalità”, in caso venga rilevato e “reiterato mancato rispetto degli impegni assunti”, l’organo si limiterà solo a “formulare uno specifico Richiamo”.Gli obblighi che gli operatori addetti alle verifiche devono possedere, vale a dire i mezzi individuati per contrastare il bullismo online, si orientano soprattutto su tre indirizzi: prevenzione, segnalazione e intervento tempestivo. Il primo punto, all’art. 4, sensibilizza le parti a compiere campagne di formazione, informazione e sensibilizzazione sul tema, mentre nel secondo, in base agli art. 1 e 2 “gli operatori che forniscono servizi di social network i fornitori di servizi on line, di contenuti, di piattaforme User Generated Content e social network” – raggruppati – si impegnerebbero a mettere a disposizione dei propri utenti, in maniera chiara, semplice e diretta “appositi meccanismi di segnalazione di episodi di cyberbullismo”. Difficile sarebbe la valutazione delle modalità previste per assicurare un intervento rapido di “personale opportunamente qualificato”, in quanto l’art. 3 indirizza le parti aderenti ad assumere validi meccanismi di risposta in base ai casi segnalati chiedendo la rimozione dei contenuti lesivi dopo non più di due ore. Da aggiungere che le aziende “si impegnano, per quanto tecnicamente possibile e praticabile, a garantire ulteriore efficacia al contrasto del fenomeno del cyberbullismo anche attraverso l’oscuramento cautelare temporaneo del contenuto lesivo segnalato”. Una certa apprensione desterebbe quanto riportato dall’art. 4, in base al quale gli operatori aderenti avranno facoltà di “attuare apposite politiche che consentano alle Autorità competenti di risalire all’identità di coloro che utilizzano il servizio per porre in essere comportamenti discriminatori e denigratori con l’intento di colpire o danneggiare l’immagine e/o la reputazione di un proprio coetaneo”, anche se questo deve seguire il rispetto della normativa sulla privacy , di fatto parrebbe conferire ai gestori dei servizi alcune facoltà almeno discutibili, riproponendo il tema caldo che da sempre riguarda la Rete, cioè i metodi attraverso i quali i soggetti privati sono coinvolti nel controllo discrezionale dei contenuti, in quanto con gli strumenti, nonostante siano stati creati per rispondere a problematiche specifiche, non sono immuni da rischi di strumentalizzazione e online sono etichettati come difese adatte a combattere fantomatici adescatori telematici di varia natura e inclinazione, ragione vuole che la prima stesura della bozza rimarrà in consultazione pubblica fino al 24 febbraio in attesa che sia poi possibile trovare altri costruttivi suggerimenti per una definitiva messa a punto di un provvedimento importante, visto oggi il tempo dedicato ad internet da parte dei giovani che rischiano di cadere nelle “trappole” di personaggi senza scrupoli
Non c'è ancora nessun commento.