Trigilia non ignori la grande sconfitta della speranza della dolorosa diaspora aquilana


L’Aquila – (di Amedeo Esposito) – IL MINISTRO ARRIVA A L’AQUILA – Una grande sconfitta della speranza, quella che, sul portale del nuovo anno, vive la diaspora aquilana. Questa la sconfortante risposta che dovrebbe essere data al Ministro per la coesione territoriale Carlo Trigilia, in visita all’Aquila l’8 gennaio, ove dovesse domandarsi: come sono “messi” gli aquilani ora?
Sconfitta, va aggiunto, dovute alle “negatività” – anche esistenziali – che nell’ultimo scorcio del 2013 si sono abbattute silenti, ma profondissime, sulla città.
Il Governo “ci ha abbandonato”, come ha gridato giustamente il sindaco Massimo Cialente. La riprova di questo abbandono è nelle cosiddette leggi “mille proroghe”, e comunque in ogni altro atto legislativo emesso, in cui si ignora che la ricostruzione rappresenta un’esigenza nazionale, come lo stesso ministro Trigilia ebbe a dire la prima volta che, come ministro “addetto” (per volere del premier Letta) alla ricostruzione della città, visitò L’Aquila. Dopo essersi addentrato nella zona rossa si disse “sconvolto” e assicurò il Primo Cittadino sulla disponibilità dei promessi fondi per la ricostruzione.

Fu solo una “assicurazione”, poiché presto i cantieri saranno serrati e il centro storico continuerà a rimanere sotto le macerie.
E se questo – che non è proprio poco – non bastasse, sempre a partire da Natale, sono stati tolti dei “punti fermi” a cui la città era ancorata per rialzarsi, come nel caso del trasferimento, come vice commissario agli scavi di Pompei (quella sì, città morta da alcuni secoli), del direttore regionale dei beni culturali, Fabrizio Magani. E quel che più allarma ogni cittadino è la paventata aggregazione della medesima direzione regionale dei beni culturali dell’Abruzzo, ad altri analoghi organismi, come quello laziale.

Si creerebbe così un’ altra “mostruosità istituzionale” come la “mezzadria” del Provveditorato alle Opere Pubbliche, ente creato con il compito di operare nelle…sfere dell’eternità. Per cui, tanto per fare un esempio, a quattro anni dal sisma i 321 edifici (classificati E) di proprietà esclusiva dell’Ater aquilana, come i 200 di proprietà del comune sono ancora a terra a tutto danno della povera gente che, per richiamare l’attenzione sulla loro difficile situazione, è ricorsa finanche allo sciopero della fame.

Il “digiuno espiativo” invece avrebbero dovuto farlo quanti (in primis il governatore Gianni Chiodi) caparbiamente, per ragioni anche elettoralistiche, non hanno voluto e non vogliono concedere alla stessa povera gente una legge regionale capace di ridare a agli umiliati cittadini il grande bene perduto: l’anima di aquilani.
Ne tenga conto il ministro Trigilia, perché gli italiani tutti sono convinti che “l’Italia non può perdere L’Aquila”.


06 Gennaio 2014

Categoria : Cronaca
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