Dormire bene durante la vecchiaia? Si può. Una ricerca dimostrerebbe come
(di Flavio Colacito – psicopedagogista). Continuare ad avere una routine quotidiana costante, aiuterebbe a dormire meglio e a lungo, in particolare con l’avanzare degli anni. Lo affermano gli psicologi dell’università dell’Alabama con un’indagine condotta su 50 adulti fra i 18 e i 30 anni di età e 50 fra i 60 e i 95 anni, uno studio reso pubblico sul “Journals of Gerontology: series B”. I soggetti che mangiano, lavorano o fanno attività sociali e sportive fuori casa nelle stesse ore, si addormenterebbero in modo facile e si sveglierebbero meno durante le ore notturne, questo secondo la dottoressa Natalie Dautovich, a capo della ricerca: svolgere attività semplici o più complicate secondo orari regolari, sarebbe una buona regola in grado di favorire un sonno ristoratore, in particolare se si tratta di fasce d’età avanti negli anni. Infatti i ricercatori avrebbero notato che tra gli anziani il buon sonno funzionerebbe anche aggiungendo qualche cambio di programma, in modo specifico il sonno migliorerebbe ancora con l’inserimento di attività nuove nella routine quotidiana, in funzione del modo attraverso il quale si sarebbe stati attivi durante il giorno. Ciò dimostrerebbe come, uno stile di vita tranquillo e rapportato alle buone e sane abitudini, pur con qualche novità, rappresenti la condizione per un riposo regolare, prevenendo fastidiosi rischi legati ai disturbi del sonno. Nell’arco della vecchiaia si manifestano delle modificazioni tipiche nelle caratteristiche del sonno. Il tempo impiegato durante gli stadi di sonno lento diminuisce, mentre si manifesta parallelamente un aumento di risvegli durante il sonno e si modifica il tempo totale di veglia nelle ore notturne. Parzialmente questi cambiamenti potrebbero riguardare una mancanza di un completo controllo circadiano della regolazione del sonno. Smentendo ciò che comunemente si ritiene, nell’anziano non avviene una complessiva riduzione del tempo di sonno, ciò in quanto, parzialmente, la riduzione del tempo totale di sonno durante la notte è compensata da sonnellini diurni. Tuttavia non sarebbero riscontrate nell’anziano associazioni tra queste variazioni nelle componenti caratteristiche del sonno e disturbi veri e propri assimilabili a quest’ultimo. Molti anziani sarebbero a rischio per i disturbi del sonno che potrebbero essere causati da molti elementi, quali, per esempio, il ritiro o le modificazioni delle attività sociali, la scomparsa di un coniuge, di amici stretti,l’uso di farmaci più intensivo, la comparsa di malattie concorrenti e le modificazioni dei ritmi circadiani. Andrebbe osservato, tra l’altro, che l’esatta incidenza non è ancora nota, ma si presuppone che presenterebbero disturbi del sonno perlomeno la metà dei soggetti con età uguale o superiore ai 65 anni che vivono a casa, seguiti da due terzi di quelli lontano dalle famiglie. Le persone di questa fascia d’età, pari a circa il 13% della popolazione, consumano una percentuale del 30% di farmaci, dato stimato con un buon margine di certezza. Questi farmaci, solitamente, sono sedativi ed ipnotici e sicurezza ed efficacia, fra le altre cose, non sono elementi tipici, vista la mancanza di una sperimentazione completa sugli anziani. Andrebbe anche detto che questi soggetti, rispetto ad altre fasce d’età, raramente vanno incontro a trattamenti non farmacologici. La classificazione internazionale dei disturbi del sonno non contempla in merito all’anziano l’esistenza di sindromi particolari, mentre sono chiaramente maggiori le incidenze dei disturbi del sonno che si manifestano in concomitanza alle malattie degenerative del SNC, tra le quali il morbo di Alzheimer, ivi comprese le malattie cardiovascolari, i problemi respiratori, le artriti, le sindromi dolorose, senza tralasciare le malattie prostatiche, oppure le endocrinopatie.Particolarmente riscontrabili sono le ipersonnie, prevalentemente rappresentate dalle apnee del sonno, ma anche le insonnie secondarie conseguenti a malattie psichiatriche, oppure legate a disturbi di origine medica.
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