Il presepe che nessuno vedrÃ
C’è un presepe a Onna, luogo simbolo, purtroppo non il solo, del dopo 6 aprile 2009. Un presepe che pochi o nessuno vedrà , se non gli onnesi, coloro che vivono nel lindo villaggio “tedesco” portato a sostituire il villaggio frantumato. Prezzo, 40 morti nel cimitero, molti altri ancora in giro, ma spenti dentro. Non ce la fanno a riaversi, anche se per primi sanno che debbono riaversi.
Il presepe di Onna, modesto, rinchiuso nel silenzio dell’ex paese, è forse il più bello d’Italia o d’Abruzzo. Povero, smunto, eretto tra macerie di pietre e di anime, sicuramente non vivente come ormai quasi tutti i presepi. E’ lì a guardia di niente, per nessuno o per pochissimi. E’ più che altro un atto di fede e una lancinante dedica a chi non c’è non perché non voleva esserci, ma perché è stato strappato via.
I Natali trascorrono macilenti e melanconici, quest’anno è il quinto da quel giorno in cui L’Aquila smise di appartenere a un contesto sociale e geografico, finendo in pezzi come un cuore annientato. Cantieri, palazzi, gru, somme ragionieristiche di soldi spesi, diatribe sui soldi non arrivati, ma la gente non si sveglia dal torpore, non sa ancora accettare ciò che è accaduto. Invecchia, come i volti di certe persone che in cinque anni sembrano centenarie e prima erano giovanili. Il presepe di Onna che nessuno vedrà può essere il simbolo di tutto ciò. E di molto altro. La notte che arriva non sarà , neppure stavolta, santa o illuminata da una cometa ideale. Sarà fatta di ore di intima tristezza, di incombenti silenzi passati a osservare gli sfolgorii degli altri. L’insostenibile pesantezza dell’essere. Sotto cieli di stelle e galassie di un’indifferenza fredda come gli abissi neri dell’Universo. Che sgomenta.
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