Tribunale, risparmi irrisori e danni gravi
Lanciano – “La chisura dei tribunali minori, tra cui quello di Lanciano, ‘giustificata’ dal Governo centrale dalla spending review, comporterà un risparmio per le casse centrali di una cifra ridicola, che non può compensare affatto gli effetti negativi che comporterà in termini di perdita di servizi, identità, cultura, storia, radici”. Lo sostiene Manlio D’Ortona, consigliere di opposizione al Comune di Lanciano, che questa mattina ha partecipato alla manifestazione organizzata in città.
“I ‘lucchetti’ (fonti del ministero di Grazia e Giustizia) – chiarisce D’Ortona – scatteranno per 947 uffici giudiziari, pari al 47,27% di quelli esistenti, circa la metà. In soffitta 30 tribunali, tra i quali Lanciano, Avezzano, Sulmona e Vasto, 30 procure, 220 sezioni distaccate e 667 sedi di giudice di pace. Risparmio dichiarato: 80 milioni annui ovvero lo 0,1×1000 della spesa totale sostenuta ogni anno dallo stato di 800 miliardi. Quindi una cifra ridicola”.
Ma cosa perdono, dall’altra parte, il cittadino e la comunità di riferimento di fronte ad una chiusura del proprio tribunale? Servizi, identità, cultura, storia, radici. Ma non solo. Perde il senso della giustizia, perde un pezzo dello stato, perde sicurezza e speranza e apre una breccia alla criminalità. Uno stato che da una parte chiede sacrifici e dall’altra si allontana.
“La questione che si pone, quindi non è una questione di una singola categoria professionale, ovvero quella degli avvocati – rimarca D’Ortona – ma di una intera comunità e delle conseguenze socio-economiche che ne derivano per un intero territorio”.
Poi si pone una questione di riorganizzazione generale dei territori. Ovvero può capitare che in alcuni ambiti “spariscano” contemporaneamente istituzioni come la Provincia, presidi ospedalieri e tribunali.
“Occorre quindi un’analisi di sistema e infrastrutturale – aggiunge l’esponente di opposizione – in quanto di fronte ad una convergenza di tali provvedimenti su un unico comprensorio, l’esito sarebbe devastante per l’impoverimento sociale, economico e culturale conseguente”.
“Quindi la soluzione – riprende D’Ortona – non è che sostenere, con tutti i mezzi possibili, il referendum abrogativo. L’idea di ribellarsi è partita ad agosto dal Consiglio regionale dell’Abruzzo, con una accelerazione decisiva, che nasce con l’adesione di Basilicata, Calabria, Marche, Friuli-Venezia Giulia, Puglia, Campania, Liguria e Piemonte. E il superamento del numero minimo di cinque consigli regionali per richiedere il referendum è stato ampiamente superato. Il giudizio più importante, quello sull’ammissibilità, dovrà poi darlo la Corte Costituzionale entro 15 gennaio 2014. Poi toccherà ai comitati sensibilizzare le varie comunità per “vincere” il referendum abrogativo”.
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