Bankitalia, case trasferite alla Sidief


L’Aquila – Nel silenzio più totale da parte di tutti, e probabilmente senza informazioni neppure per le autorità aquilane (che, se le hanno avute, se le sono tenute sotto chiave), uno dei più grandi quartieri aquilani passa di mano: dalla Banca d’Italia alla Sidief spa, sede legale in via Due Macelli a Roma. Ufficio operativo a Milano. Nei giorni scorsi, agli inquilini del quartiere è giunta una comunicazione di poche righe che parla di “trasferimento alla Sidief del compendio immobiliare a reddito di proprietà della Banca d’Italia”. Il che, tentando di interpretare il linguaggio che avrebbe dovuto essere più accessibile per la gente comune, significa che la società gestirà totalmente i rapporti con gli inquilini, pur, probabilmente, restando gli immobili di proprietà della banca. Uno sportello della società sarà aperto a L’Aquila, insieme con quelli previsti a Roma, Milano e Napoli. Per pagare gli affitti e tutto il resto bisognerà usare, dice la lettera, esclusivamente il bollettino MAV che sarà inviato ad ogni inquilino. Ci sono numeri e riferimenti per comunicare con la società.
Ciò che è accaduto può essere un bene, oppure no, agli inquilini non è dato sapere. Eppure forse qualche diritto lo avrebbero avuto. Non resta alle centinaia di famiglie che abitano nel quartiere che sperare nel meglio, e non c’è motivo di dubitare che la società agirà nel migliore dei modi. Il punto non è questo.
Ci si chiede se un patrimonio storico, appartenente alla città dagli anni Trenta, dunque inserito nel contesto sociale e urbano, possa passare di mano senza che la gente ne sia preventivamente informata. Il quartiere detto da tutti Bankitalia ospitava, prima del sisma, almeno 1500 persone. Il terremoto lo ha fortemente danneggiato e molti edifici sono attualmente inagibili o forse da abbattere. In alcune delle palazzine che furono costruite quando c’era la zecca dello Stato, sono tornate molte famiglie che vi abitano, nonostante la disagevole condizione determinata dalla serie numerosa di edifici pericolanti, vuoti, che circondano il quartiere. Non ci sono più negozi. Per la spesa quotidiana, bisogna recarsi a piedi o in auto nei centri commerciali vicini, ma non tanto da non creare disagi a chi non guida o incontra difficoltà nel muoversi a piedi. La solitudine e l’isolamento si avvertono, accresciuti dalle demolizioni. Ora si cambia “padrone”? E’ forte l’impressione, per molte persone, di dover comunque subire in silenzio decisioni passate sulle loro teste senza il garbo di un minimo di informazione. Uno stile grossolano e prepotente che non fa onore a nessuno. Forse nessuno avrebbe potuto impedire ciò che è successo, sicuramente in piena legalità, ma a chi abita nelle case e paga il fitto si doveva qualche spiegazione. Anche questione di stile.


22 Dicembre 2013

Categoria : Cronaca
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