Si avverte un battito debole, il cuore riprende
L’Aquila – (di G.Col.) – (Foto: L’Aquila rinasce: è scritto su un palazzo di corso Federico II) – Tendendo bene l’orecchio, si avverte un battito debole, ma percettibile: il cuore della città riprende a battere. La vita torna là dove da 4 anni e 8 mesi pareva evaporata, fuggita via. La zona che pare pulsare è il breve corso Federico II, dove come d’incanto, in pochissimi mesi, è scomparso e riapparso il palazzo bianco (bruttino a dire il vero) che ospitava la Madonnina, la libreria Iapadre e altre storiche porte. Accanto al cinema Massimo, che resta invece morto e transennato.
Il palazzo rappresenta un episodio di buona ricostruzione. Sulle qualità strutturali e tecniche non discutiamo: sarà sicuro, sarà antisismico, ci mancherebbe pure. Va messo in luce che la demolizione (non senza le solite polemiche da due soldi, pane e companatico per una città poco silente) avvenne rapidamente, ma la ricostruzione ancora di più. Il palazzo è lì di nuovo, e se non fosse grigio invece che bianco, parrebbe essere tornati indietro di un anno nel tempo, quando era ancora al suo posto, vuoto e sderenato. Prima dell’impietoso, ma decisivo piccone,
La riedificazione è stata rapidissima, i lavori vanno avanti veloci e con metodo. Recuperati persino pezzi di altorilievo in stile originario. I porticati di forma rettangolare sono altissimi. La struttura è svettante, squadrata, ha riassunto uno stile magari intruso nel contesto aquilano, ma sicuramente molto identitario.
Auspicabile che i portici, luogo aperto al pubblico, siano puliti e ben illuminati. Prima erano sporchi, bui, indecenti e polverosi.
Più sopra, il palazzo ex finanziario ospita la prefettura. Altri edifici sono in lavorazione, qualcuno pensa persino che possa essere arretrata la parte sporgente sul corso, realizzando un porticato ininterrotto da piazza Duomo al Massimo. Due banche sono lì da tempo. Gira qualcuno a piedi, si vede qualche auto parcheggiata. I militari vigilano, ma giustamente tolleranti. In realtà la zona è tornata ad essere un grande parcheggio privato. Ma il sangue scorre nelle vene intorpidite di un pezzo di centro.
“Fa bbene vedè ‘ste cose” commenta un maturo signore che lavorava in banca, coppola e giaccone sportivo. Ha ragione. Avanti così’, se non è chiedere troppo. La vicina piazza della Repubblica è tutta un’impalcatura, ma anche tutto un rumorio di camion, tavole, voci, palanche, motori di gru. Si lavora anche lì. Passa uno sporco canone nero con una fettina di grasso in bocca, che penzola. E’ felice. Va a collocarsi in una “spera” di Sole per mangiarsela in pace.
Primo dovere, vivere, superare l’oggi per affrontare domani, magari a digiuno. La sua regola di vita è tutta qui. Che sia più saggio di noi tutti?
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