Quando è la donna a fare paura: curiosità e originalità nel libro della giovane criminologa abruzzese Glenda Mancini


(di Flavio Coilacito – psicopedagogista).«L’uomo vittima di una donna carnefice», questo il titolo di un libro interessante – edito da Book Sprint – scritto da Glenda Mancini, 24enne montesilvanese, che, dopo essersi laureata in Scienze dell’investigazione all’Aquila, ha voluto illustrare un fenomeno quasi sconosciuto riguardante l’Italia e molti altri paesi, poco trattato e studiato, di cui si parla troppo poco. La finalità del libro consiste – questa la novità – nel tentativo di dimostrare che la violenza di genere non riguarderebbe solo l’universo femminile, contraddicendo quanto diffuso dai mezzi di comunicazione, i quali considerano sempre l’uomo nei panni di carnefice e la donna in quelli di vittima, contribuendo a far notare che accade in molti casi esattamente il contrario. Paradossalmente l’autrice porta all’attenzione del lettore dei dati volti a dimostrare che i casi di violenza domestica ai danni del genere maschile sarebbero in realtà superiori a quelli femminili, con la differenza che il modus operandi maschile è soltanto più violento. Alla base del clamore suscitato dagli uomini violenti e dagli atti da loro compiuti a danno del sesso opposto, vi sarebbe un imbarazzo di fondo da parte dell’uomo nell’esternare eventuali stati di violenza subita, cosa che farebbe rimanere nascosti i traumi creatisi a seguito di violenze di vario tipo, rimanendo custoditi all’interno della famiglia, così da evitare il giudizio del mondo esterno, una situazione che fa da contraltare al bombardamento mediatico delle donne oggetto di molestie e l’attenzione morbosa dell’opinione pubblica derivante dalle cronache. Gli uomini che hanno subito o subiscono frequentemente forme di maltrattamento, subdolo o manifesto, in realtà sono vittime di un’umiliazione doppia, perché quest’ultime spesso sono ritenute poco credibili, addirittura “comiche”, quindi oggetto di scherno, risatine, accompagnate dalla soddisfazione della donna nel vedere l’impotenza di un uomo senza difese, neanche da parte delle forze dell’ordine o degli amici, che tendono a ridicolizzare l’accaduto. La nostra cultura maschilista, infatti, compromette non poco le situazioni di questo genere, ritenute frutto di debolezze più che di violenza vera, cosa che porta una buona parte delle querele e denunce, circa il 50%, ad un punto morto e l’uomo si trova stretto in un angolo buio, marcato a vista da paure inconfessabili. Il libro di Glenda Mancini ci parla di questa realtà sottovalutata nella sua portata sociale con l’obiettivo di mettere in evidenza un costume diffuso, fatto di omertà e silenzio, ma che vuol aiutare anche gli uomini a non fare marcia indietro rispetto al problema. Considerare la giovane autrice di essere stata maschilista è stato facile per molte donne che non si sono riconosciute negli studi fatti con il puntiglio di una futura criminologa che bada ai dati, non certo alle etichette facili da cucire addosso a piacimento. La Mancini si è posta come prerogativa uno studio sulla violenza che, alla fine, dimostra un’unica cosa, ovvero che il maltrattamento e l’abuso non hanno né sesso, né colore. L’autrice voleva inizialmente produrre un lavoro – una tesi di laurea – che affrontasse l’attualissimo tema sulla violenza alle donne , tuttavia le ricerche dimostravano casi in cui gli uomini risultavano maggiormente vittime di abusi psicologici, sessuali, nonché economici e fisici, pur in presenza di scarsi o nulli riferimenti precisi su questi fatti, in particolare pochissimi libri in materia. Questo fatto ha dato l’input per un lavoro diverso e originale con alla base un test condotto dalla stessa scrittrice, opportunamente adattato e pubblicato su internet. Il questionario è stato un successo, ottenendo a sorpresa un ottimo riscontro con ben 696 anonimi partecipanti nell’arco di un mese, cosa che ha fatto ottenere il sostegno di Fabio Nestola, presidente della “Fondazione italiana per la bigenitorialitá”e di Paola Tomarelli, presidente del centro antiviolenza uomo “Dalla parte di Giasone”, cosa che, giustamente , ha permesso alla neolaureata di trasformare la sua tesi di laurea in una pubblicazione, esattamente il 23 ottobre scorso: un bel risultato. Certamente le reazioni sono state di varia natura, quindi oltre agli apprezzamenti, c’è stato chi ha preso sottogamba lo studio, chi lo ha considerato con ilarità, chi si è buttato sul tema spicciolo del maschilismo, ma, come si sa, la soddisfazione è tutta nella ricerca che in ambito sociale deve sempre aver la presa di coscienza dei fenomeni circostanti: auguri alla neo criminologa e buona lettura a chi vorrà documentarsi.


14 Dicembre 2013

Categoria : Società
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