Sette mesi, giorni 213: diario di mille disperazioni e tentativi di rinascere
L’Aquila – MESI SETTE, GIORNI 213 -(di Gianfranco Colacito) – Oggi, 6 novembre, è il settimo mese dal terremoto, e anche il giorno 213. Visite Berlusconi, 24, papa 1, presidente della Repubblica 2, ministri e vip di ogni risma un’infinità , potenti della Terra tutti a luglio. Per molti comuni mortali, invece, una serie di giorni trascorsi da profughi lontano dalla casa (che spesso non c’è più) e dalla città , che sicuramente in gran parte non c’è più. Dal 6 aprile sono state costruite migliaia di case e innalzati centinaia di edifici di legno, specie nelle periferie. Le tendopoli ci sono ancora, ma vi abitano poco più di 1.500 persone, più gli irriducibili. Migliaia di aquilani abitano ancora sulla costa (un grande albergo di Giulianova ne ospitava mesi fa 340, oggi soltanto una settantina) o in altre residenze, spesso lontane e in zone fredde. Migliaia sono rientrati nelle case, vanno a letto con la paura ogni sera, oppure dormono in roulottes, camper e tende montate nei giardini. Qualcuno muore in una roulotte, perchè gli hanno detto che la sua casa è A, dimenticando che tutte quelle intorno e quasi unite fisicamente, sono E.
RICOSRTRUZIONE – La ricostruzione non è cominciata e non comincerà presto. Si pensa a chiese e monumeti, per metterli in sicurezza affinchè non crollino del tutto. Solo per il castello spagnolo, occorreranno decine di milioni. Molti aquilani avanti con gli anni sanno che non rivedranno mai la loro città . Molti cominciano a pensare che L’Aquila sarà forse un giorno (lontano) dov’era, ma mai com’era. Le prospezioni geologiche del resto in molte zone non lo permetterebbero. In tanti hanno dimenticato la lezione del Friuli? Forse. La ripetiamo: lassù si ricostruirono fabbriche, case e chiese: esattamente in quest’ordine. Qui la Provincia ricostruisce strade e ponti, e anche qualche radice culturale, tipo premio Bonanni. Le fabbriche? Tocca ad altri, che pare facciano come l’Alenia e la Selex promesse non molto attendibili. Restiamo attenti e in guardia.
INCHIESTA E SILENZI – C’è un’inchiesta con molti indagati, che cominciano a difendersi come possono, spesso non parlando con i giudici (è un loro diritto) o scaricando su altri le responsabilità . Ma c’è tempo, e bisogna sentire molte altre persone. Inoltre, mancano parti importanti dell’inchiesta, che dovrà puntare il dito su altre persone. Pare anche in alto e nei piani riservati di coloro che mentre il terremoto frullava cuori e case, dicevano: “Non c’è da preoccuparsi”. Infatti, loro dormivano altrove e al sicuro. Poi ci fu il 6 aprile.
Il problema macerie non è neppure prossimo alla soluzione. Nessuno sa dove mettere le mani: prima di tutto in tasca, a quanto pare, perchè girano e dovranno girare moltissimi soldi. Milioni di tonnellate della città sbriciolata da portare via, insieme con il suo volto e 307 vite perse. Più gli altri morti venuti dopo: anche l’uomo morto a Paganica per il gas è una vittima del terremoto.
Anche chi è morto dopo di dolore, di solitudine, di malattia. Anche chi, e sono migliaia, è spezzato dentro e lo sarà per sempre. Anche chi dice: “A L’Aquila non investirò mai più nemmeno un euro. Anzi, vendo, svendo la casa che avevo…”.
OPERE E TORPORE – Mille opere pubbliche, infine, sono in corso di esecuzione. Prima ci fu l’aeroporto con le sue strade, che nessuno aveva saputo fare per 30 o 40 anni. Ora ci sono strade, rotatorie, bretelle, svincoli, tutto in gran fretta e spesso raffazzonato o non finito neppure: guardate la rotatoria di Gignano. Era meglio non farla per niente… Visto che ci sono i soldi, si facciano cose decenti, decorose, davvero utili e ben eseguite. Si puniscano le imprese arruffone o ritardatarie. La città sta diventando orribile, perchè il bello che aveva (benchè trascurato) non c’è più. Bisogna che qualcuno faccia di tutto perchè gli interventi siano rapidi, ben eseguiti, puliti e a regola d’arte. L’Aquila era la città di cento vergognose incompiute: che oggi sia la città delle compiute come si deve. Tanto, le prove dell’inerzia comunale restano lì immutabili a futura memoria: la variante di Pile è il loro monumento. Rinascita. Che parola grossa. Ma è rigorosamente obbligatorio crederci, magari anche dando una mano. Se ci riuscirono nel 1703 (anche bene), abbiamo tutti dei doveri precisi e un lavoro da svolgere.
(Le foto Col di ieri 5 novembre: Autostrada A-25, il cartello rosso descrive emergenze ancora presenti nella zona aquilana. Camarda, la torre crollata simbolo di un tessuto urbano perduto, che chi sa quando rivedremo in piedi. Panorama della città ieri pomeriggio dalla A-24: foschia, brume e profili indistinti. Da lontano tutto sembra a posto. Un’illusione ottica).
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