Martelli, l’appeal di essere normali
Pescara – SAPER RIVIVERE CON PIACERE IL PASSATO È VIVERE DUE VOLTE – (di Stefano Leone) – L’appeal è sempre quello dei giorni migliori. Anzi, chi dice che i giorni migliori non siano questi! 70 anni, portati splendidamente, capello sempre folto, malleabile e riavviato all’indietro come sempre. Il timbro di voce sempre scandito, pacato e profondo. Di quelli che pesano e misurano la parola da proporre. Giacca e cravatta scure spezzate dalla camicia celeste. Aria professorile ma molto normale. Questo è il Claudio Martelli che a Pescara, ieri sera 5 dicembre 2013, nella Sala consiliare della Provincia, ha intrattenuto la folta platea, prendendo lo spunto dalla presentazione del suo ultimo libro. “Ricordati di vivere” il titolo. A book of general appeal, direbbero gli anglosassoni. Autobiografia politica e confessione esistenziale, Ricordati di vivere ripercorre trent’anni di storia italiana ed europea intrecciando vita pubblica e vita privata, passioni civili e passioni del cuore, alternando la dialettica e l’oratoria dei grandi drammi con l’ironia disincantata e le durezze del referto clinico. Dallo spaesamento di un giovane che diventa riformista in pieno ’68 all’incontro con Bettino Craxi, dal caso Moro all’epopea laica e socialista degli anni ottanta, dal sodalizio con Giovanni Falcone alle stragi di mafia, a Mani pulite e al crollo della Repubblica. Se il filo rosso della storia è l’amicizia con Craxi e con Falcone, in queste mémoires di fine secolo lampeggiano i ritratti di François Mitterrand e Willy Brandt, di Berlinguer e Andreotti, di De Mita e Forlani, di Marco Pannella, Adriano Sofri e Raul Gardini. Senza astio e senza sconti – tantomeno a se stesso – Claudio Martelli racconta in presa diretta il labirinto delle intenzioni, le responsabilità e le dure corvées della politica per riannodare il filo spezzato di una storia con i suoi bagliori di gloria e i suoi fallimenti, le sue grandezze e le sue miserie, per gettare una luce nuova su quel passato più recente da cui tutti veniamo e sui perché di una crisi politica che non ci ha più lasciato. A termine della presentazione, molto partecipata dal gotha dell’ex Partito Socialista Italiano pescarese, ritrovatosi in una sorta di revival-politic, strappiamo l’autore ed ex Ministro della Repubblica al rito delle firme del libro per scambiare qualche battuta.
- Martelli, perché Ricordati di vivere?
“Perché ricordati di morire tutti noi lo abbiamo ascoltato almeno una volta. E allora ricordarsi di vivere è l’antitesi al ricordarsi di morire, volendo significare, per tornare al libro, che tutto ciò che è accaduto, riportato nella narrazione, è vita e non morte”.
- Cosa pensa della decisione della Consulta di dichiarare anticostituzionale il “porcellum”?
“Guardi ho brindato. Ho brindato festeggiando un evento che avrebbe dovuto annoverarsi molto prima ma, è il caso di dire che ricordandosi di vivere, finalmente è arrivata. Ricordo che quando scrivevo per “Oggi”, fui un convinto oppositore del porcellum. Iniziai con lo scrivere i miei articoli paventando convintamente la mia contrarietà, fino a incitare i miei lettori all’astensione dal voto. Risultato? Fui licenziato dal giornale”.
- Martelli, in considerazione della situazione del nostro Paese, quali e quanti sacrifici si chiedono alle giovani generazioni, a suo avviso?
“Guardi, io affermo un pensiero che potrebbe apparire controcorrente ma sul quale invito, invece, a riflettere; i sacrifici non bisogna chiederli ai giovani. I sacrifici dobbiamo farli noi anziani. Quali altri sacrifici vogliamo chiedere alle nuove generazioni? Non hanno lavoro, non hanno, dunque, prospettive e obiettivi, quali sacrifici dovrebbero ancora fare. Siamo noi anziani che dobbiamo sacrificare qualcosa di nostro, ognuno per la sua parte, per lasciare qualcosa di buono ai nostri giovani. Le assicuro, io non navigo nell’oro. Non posseggo neppure una casa. Ho solo la proprietà della mia automobile con la quale giro l’Italia, da solo, guidandola io. Il mio sacrificio per i nostri figli, i nostri nipoti, cerco di farlo ogni giorno. Non occorrono azioni eclatanti. Occorre la sobrietà e la consapevolezza di voler fare qualcosa di veramente utile alla loro causa”.
- Da più parti si è detto che il nome di Adriano, dato a suo figlio, è frutto della sua amicizia con Adriano Sofri. E’ vero?
“No. Questo non è vero. Anche perché mio figlio è nato un anno prima che conoscessi Sofri. Il nome Adriano per mio figlio l’ho scelto perché amo l’imperatore Adriano. A ciò è riferito. Per quanto riguarda Sofri, non nego che è stato un amico ed io per lui. D’altronde, altri mi hanno tradito, lui no”.
D’altronde, il bello del passato è che è passato. Il bello del presente è che è un dono. Il bello del futuro è che è pieno di fantastiche opportunità per sentirsi bene ed essere felici.
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