Vespa, bravura e cuore aperto


L’Aquila – (di G.Col.) – Sempre più bravo, è difficile stabilire se con la penna o davanti alla telecamera. Bruno Vespa ha scritto, come ad ogni Natale, il suo libro forse più intimo, quello che ha presentato ieri sera anche a L’Aquila, Sale zucchero e caffè. E quindi è diventato (anche grazie alla – diciamo – maturità che arriva con gli anni) ancora più leggibile. Il suo libro lo abbiamo divorato, prima di scriverne e lo facciamo pensando ai ricordi, alla sua vita aquilana da ragazzo e da giovanotto già giornalista consumato. Molti dei suoi ricordi sono di un’epoca che abbiamo vissuto camminando lungo le stesse strade, quindi molto condivisibili, coincidenti.
Da sempre a noi piace leggere pensieri, ricordi, autobiografie, vite raccontate alla Plutarco. Nelle vite degli altri si trovano sempre momenti, pensieri, riflessioni che non appartengono soltanto a chi narra. Ci sono cammini, momenti, epoche che per forza di cose senti più, percepisci come più vicine al tuo vissuto.
Nel libro di Vespa c’è una città che sembra remotissima, compaiono cenni e flashes familiari. Prima di tornare ad essere quell’osservatore ironico e penetrante che Vespa è nei suoi libri “normali”, in questo, nella parte dedicata ai tempi dell’amata nonna, c’è commozione. C’è il cuore. Poi nell’excursus si arriva ad un altro momento di commozione, quello del terremoto e delle occasioni mancate, delle grandi decisioni non prese, della politica che – pur comprensibilmente – ha commesso svarioni e scantonato. Vespa non le manda a dire, le cose che pensa, tanto più quando parla della sua città, il luogo dal quale pur vivendo da decenni a Roma e in ben diverse dimensioni, non si è mai svincolato.
Una speranza è non dover mai tornare a mettere da parte zucchero e caffè, come faceva in anni lontani la nonna previdente. Ma Bruno sa in cuor suo che, per tanti, si sta tornando alla medesima disperazione, alla deprimente caduta di speranze e fiducia. Come tanti anni fa. Precari, disoccupati, emarginati, soprattutto giovani alle corde come pugili suonati: ma pugili che non hanno combattuto, non hanno avuto modo di farlo. Nemmeno la consolazione di aver combattuto una qualche battaglia e di averla persa. Solo il niente. Vale per tanti italiani, a L’Aquila è peggio. Crisi e distruzione fisica, psicologica, sociale ed economica sono forse troppo anche per i forti.
Una noticina di quelle che il bravo cronista non dovrebbe mai inserire in un articolo: troppo personale. Ma ci vuole. Abbiamo cercato, per pubblicarla, la foto alle Tre Marie di una cena di addio: quella per Bruno Vespa che lasciava L’Aquila e Il Tempo, per approdare al Tg1. Non l’abbiamo trovata: perduta tra le cose perdute nel terremoto del 2009. Oppure, chi sa dov’è finita nel trambusto, e rispunterà chi sa quando. Ma è come se ci fosse.


01 Dicembre 2013

Categoria : Recensioni Libri
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