La diabolica ossessione, appunti e disappunti di un ragazzo che amava il cinema (19)
L’Aquila – Il destino dell’Accademia dell’Immagine sta per essere scritto, e non sappiamo quale possa essere. Temiamo che capiti il peggio, perché quando può accadere di tutto, di solito… capita il peggio. Ma cerchiamo di essere, tutto sommato, anche ottimisti. I ricordi di Lucci, ormai alla conclusione, hanno dimostrato che a volere L’Aquila città del cinema erano tanti, e ancora oggi potrebbero essere tanti. Ma le sorti di tutto – anche della cultura e poi vediamo anche cosa sta accadendo a livello regionale – sono nelle mani della politica, e su tutto si debbono tirare le somme, fare i conti. Non sono tempi di maniche larghe per i bisogni primari e fisici, figuriamoci per la cultura… specie quando è cinema e non le solite comunelle di musica e teatro. Ma tuffiamoci nei ricordi di Lucci che stavolta, come leggerete, sono anche più nostri.
(di GABRIELE LUCCI) – TUTTO BENE NELLA VECCHIA GUARDIA? BE’, NON PROPRIO… – Ogni generazione pensa di essere migliore di quella successiva cosi’ come di quella che l’ha anticipata. Ognuno pensa di appartenere alla classe di ferro e poi lo stampino l’hanno buttato. Quello dell’eterno conflitto vecchi/giovani ha riempito interi scaffali di letteratura, per non parlare di film. Ricordate “Profumo di donna” con Al Pacino? Il livoroso rivelarsi del grande attore nei confronti di un ragazzo solo alla fine cedera’ il passo ad un atteggiamento di protezione, di insegnamento utile alla formazione del giovane.
E lo stesso succede in “Gran Torino”, un bel film classico, come classici sono tutti quelli di Clint Eastwood.
In realta’ gli anziani sono spesso rancorosi per aver dovuto accumulare frustrazioni, speranze disattese e si mostrano ostili a ragazzi avidi di vita ma convinti di essere sempre nel giusto, pronti a difendere fino all’estremo le proprie posizioni. Tra le due generazioni la guerra e’ inevitabile. Tuttavia, almeno per me e i miei amici assorbiti tutti dall’impiantare un cineclub, il rapporto con i piu’ grandi era niente male, anzi.
Un anziano signore, Aquino Reato, era stato preceduto gia’ prima di conoscerlo dalla sua fama . Era considerato e a ragione il miglior proiezionista della citta’, ma questo ruolo era riduttivo. Io non ho mai conosciuto un uomo che amasse di piu’ il cinema, pero’ il suo amore era, per cosi’ dire, molto particolare. Nel senso che era rivolto alla tecnica, agli impianti indispensabili per rendere ineccepibile la visione di un film. Sapeva tutto, dalla croce di malta agli obiettivi, dallo schermo ai migliori proiettori esistenti sul mercato. E conosceva tutti e in tutta l’Italia. Potevi e dovevi parlargli solo di quello, inutile introdursi in modo diverso. Strano uomo. In ogni caso le prove per avere alla fine una buona immagine sullo schermo erano eccitanti e il suo entusiasmo contagioso. Che gran vecchio, ragazzi! E’ stato il nostro passe-partout per quella grande illusione che e’ il cinema.
Negli stessi anni avevamo ovviamente molte relazioni con i giornalisti per cercare di dare risalto alla nostra programmazione cinematografica. Passavamo di redazione in redazione e quando si arrivava al Tempo ci presentavamo in fila indiana a Gianfranco Colacito. Non aveva tanti anni piu’ di noi ma ci faceva soggezione perche’ parlava poco, prendeva il comunicato e basta, nessuna domanda, nessun commento. Al che, le prime volte, pensavamo ci fosse ostile. Non solo dovemmo ricrederci ma ci rendemmo subito conto di come scriveva. Venne valutato da noi, che davamo stupidamente voti a tutti, come la miglior penna d’Abruzzo e non solo. A tal punto, l’ ho detto ultimamente proprio a lui, che non capivamo cosa ci stesse a fare all’Aquila.
Gianfranco, silenzioso come tutti i grandi giornalisti e sono davvero tanti quelli che ho conosciuto, dietro quel suo modo spiccio e minimalista mi ricordava certi personaggi western (tipo John Wayne in “Sentieri selvaggi”) solo apparentemente disincantati e indifferenti, ma sempre pronti a difendere i piu’ deboli e le loro cause.
Qualche anno dopo arrivo’ il turno di Guido Polidoro. Orso come gli altri, ma gli ho voluto un bene dell’anima. La nostra frequentazione era pressoche’ quotidiana e la sua difesa nei confronti delle iniziative stoicamente ad oltranza. Cosi’, oltre a Reato e a Gianfranco, anche Guido ha popolato per un bel pezzo la nostra tenera gioventu’di paladini della settima arte. Non furono gli unici. In quegli anni, ad esempio, frequentavo spesso non solo cinema cineclub biliardi ma anche il Bar Scataglini, perche’ riferimento dei miei amici rugbisti, perche’ di fronte ci appoggiavamo tutti alla vecchia colonna dei portici e perche’ infine mangiavamo le sue bavaresi. I fratelli Scataglini ti accoglievano al bancone sempre un po’ sospettosi, che vuoi? Eppure meritavano rispetto visto che non ti mandavano all’altro paese anche se eri la centesima persona a chiedergli cosa avesse fatto la rugby in trasferta. E poi uno di loro due era laureato e fu preso a testimone da un quotidiano nazionale come l’ emblema di una citta’ che, pur colta, non disdegnava modi di vivere piuttosto singolari.
Secondo me Scataglini laureato che vendeva le paste e batteva cassa rivela ancora oggi uno degli atteggiamenti piu’ snob da me osservati, quasi ai livelli di Oscar Wilde. Mi ricorda James Stewart , impossibile non volergli bene! Come vedete questi vecchi orsi ci possono insegnare molte cose e essendo animali da pelliccia vi assicuro che per arrivare al loro cuore non era facile. Ma lo diventava, potete crederci, se vi ponevate davanti a loro cosi’ come siete, nessuna dietrologia e sopratutto in modo sincero.
Dunque tutto bene con la vecchia guardia? Be’ non proprio. Come sempre non vi do mai certezze e mi dispiace, ma tant’e’. Le cose stanno cosi’. Siccome parliamo di un ragazzo che amava il cinema, quel ragazzo che ero io ragionava in un certo modo, portandomi oggi a dire: ho sempre fatto le cose per farle, perche’ mi piaceva farle, non mi sono mai posto problemi se era facile o difficile, se poteva avere successo o no, se ci avrei guadagnato o no, se avrei o no sofferto per le mie scelte. Mi e’ capitato tutto e il contrario di tutto. Ma ho imparato a mie spese che c’e’ sempre un prezzo da pagare, e se passi per primo sulla neve fresca sicuramente sarai tu quello ad affondare e azzupparti, quelli che seguiranno troveranno le tue orme e a differenza di te per loro sara’ piu’ facile. Ma per dirla ancora con Honderlin “benedetta e’ la via!”, qualcuno deve pur aprirla. E allora fatevene una ragione ragazzi, se intraprendete una strada e non la conoscete non statevene li’ a piangervi addosso per le difficolta’ e accogliete con leggerezza le inevitabili sventure.
Non meravigliatevi poi se percorrendo una nuova via, per quanto possa sembrare strano, non tutti ma molti della vecchia guardia si sentiranno minacciati. Succede semplicemente perche’ sconquassi un sistema intorpidito e minacci le loro apparenti sicurezze. Dunque siate forti e ricordate quello che dicono a Brad Pitt nel film “L’arte di vincere”: “E’ sempre il primo che a sfondare il muro ne esce insanguinato.” E’ meglio saperlo prima.
Alla prossima, che per fortuna vostra e anche mia sara’ l’ultima.
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