Parco Majella, regno del lupo
Caramanico Terme – (Foto abruzzoinarte.it) – Nei 75 mila ettari di natura protetta del parco della Majella, ricca ancora di borghi, attivita’ agricole, zootecniche e turistiche, è reale uno dei casi di conservazione del lupo piu’ interessanti al mondo. Negli anni ’70 (periodo di massima contrazione della popolazione, al limite dell’estinzione), il numero complessivo di lupi in tutto l’Appennino era inferiore ai 100 individui: oggi se ne stimano piu’ di mille.
Solo nel parco nazionale della Majella oggi sono presenti 9-10 branchi, per un numero complessivo di 80 individui: il Parco puo’ infatti vantare un numero di lupi che, in proporzione al territorio, e’ ben superiore, per esempio a quello del famoso Parco di Yellowstone, e puo’ soprattutto offrire un modello di gestione della presenza del lupo compatibile con le attivita’ dell’uomo. Lo dichiara Legambiente.
L’associazione ambientalista sta partecipando a Caramanico Terme, cuore del parco Majella al convegno international Wolf Congress, a conclusione del Progetto life wolfnet avviato dal 2010 e cofinanziato dalla Commissione europea. Si tratta di un meeting di rilevante importanza: dopo circa 40 anni dall’emanazione delle prime leggi di tutela del lupo in Italia, la Majella si pone oggi, a livello internazionale, come luogo unico per la ricerca e per la proposta di modelli di gestione del Lupo. I danni recati al bestiame domestico sono tra i piu’ bassi mai registrati, le misure di prevenzione e mitigazione tra le piu’ innovative nel contesto europeo e, ultimamente, grazie al Progetto life wolfnet, anche gli studi condotti sui branchi di lupo della Majella risultano essere tra i piu’ dettagliati ed approfonditi nel contesto internazionale. Proprio nella Majella, 40 anni fa, fu applicato il primo radiocollare ad un lupo. Il parco della Majella ha inoltre restituito agli allevatori oltre 150 pecore predate dal lupo negli ultimi 3 anni. “L’alto livello qualitativo del progetto Life wolfnet, che si conclude con il congresso internazionale sul lupo, rende merito al lavoro svolto dai parchi nel lavoro di costituzione di una rete appenninica per la conservazione e la salvaguardia della biodiversita’ – spiega Antonio Nicoletti, responsabile Aree protette di Legambiente – E’ un risultato importante per la sopravvivenza delle specie a rischio, cosi’ come avvenuto anche per il camoscio appenninico. E’ un metodo di lavoro che necessariamente deve essere mutuato anche per la conservazione dell’orso bruno marsicano che, dopo decenni di tentativi di protezione, resta ad alto rischio estinzione. In termini di conservazione delle biodiversita’, i parchi abruzzesi hanno tenuto alta l’immagine dell’Abruzzo e hanno introdotto sistemi innovativi di conservazione tali da contribuire alla stesura e all’aggiornamento delle linee guida per i piani d’azione nazionali del ministero dell’Ambiente”.
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